Rapporto Coop 2023, carrelli della spesa più leggeri e perdita d’identità alimentare: «Serve il salario minimo per sostenere i redditi»

La fotografia degli stili e i consumi delle famiglie italiane, appesantiti dall’inflazione e le incertezze nel futuro

Pandemia, guerra, inflazione. Tre macigni hanno scandito negli ultimi anni la vita, e le aspettative, degli italiani e se la spinta economica post coronavirus si è ormai esaurita, tante emergenze rimangono ancora irrisolte e rendono incerto il futuro. L’inflazione, su tutte, colpisce duramente il potere di acquisto delle famiglie. E se lo fa in tutta Europa, in Italia è ancora più evidente a causa della stagnazione ormai pluri-decennale dei redditi. Nella fotografia degli stili e dei consumi degli italiani scattata dall’anteprima del Rapporto Coop 2023 – con grafiche generate dall’intelligenza artificiale – emerge un quadro in cui per far fronte all’aumento delle spese gli italiani sono arrivati a tagliare quelle alimentari, alleggerendo notevolmente il carrello: «Fino a -3 per per cento nei primi sei mesi del 2023, un dato che a mia memoria non ho mai visto», ha detto alla presentazione del documento Albino Russo di Ancc-Coop. Non solo spendono meno, ma spendono in maniera diversa, arrivando a rinunciare alla tradizione e alla dieta mediterranea. In un anno sono raddoppiati gli italiani che dichiarano di non avere un’identità alimentare, e la vendita di prodotti ortofrutticoli è in calo del 15,6 per cento negli ultimi due anni. «Quando si è rinunciato al superfluo, si inizia a rinunciare anche a quello che non è strettamente necessario all’apporto calorico quotidiano», ragiona ancora Russo. «Siamo molto preoccupati», ha ammesso la presidente di Coop Italia, Maura Latini, «la quantità di volumi perduto è imponente e il 30 per cento di italiani prevede di spendere ancora meno in futuro». Ricette facili non esistono, ma secondo i rappresentanti delle cooperative di consumatori qualcosa si può già fare. A partire dal salario minimo. «È una necessità economica e di giustizia», ha detto Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop, «il nodo più grande è quello dei redditi, che sono rimasti fermi, e con l’aumentare dell’inflazione il potere di acquisto si è ridotto notevolmente. C’è impoverimento, le disuguaglianze sono aumentate e i giovani o vanno all’estero o accettano bassi salari, bisogna intervenire». Pedroni ha poi rivolto poi un appello al governo: «Chiediamo di rendere strutturale il cuneo fiscale a abbandonino la pazza idea della flat tax».


La perdita di identità alimentare

Tra i dati più sorprendenti del rapporto, c’è quello che riguarda l’identità alimentare. Oltre 1 italiano su 5 – soprattutto tra i baby boomers e la lower class, si legge nel rapporto – dichiara di aver perso ogni riferimento in tal senso, abbandonando anche i dettami della cultura tradizionale, delle tipicità e del territorio. Una scelta resa necessaria dall’inflazione, che ha appesantito del 21 per cento il costo dei beni alimentari. E così una parte degli italiani – il doppio rispetto all’ultimo rilevamento – ha dovuto rinunciare alla tradizione per combattere i rincari. Un’altra arma usata dalle famiglie è quella della lotta allo spreco, che seppur virtuoso è un indicatore delle difficoltà del portafoglio. Gli italiani preferiscono andare più volte a fare la spesa e sempre più spesso preferiscono le piccole catene, i discount e i prodotti della marca del distributore (quelli commercializzati all’interno dei punti vendita con lo stesso nome del supermercato in cui sono esposti). Una tendenza che preoccupa le cooperative e che sembra destinata ad aumentare. «Nel mese di agosto si è pressocché arrestata la perdita per i distributori, ma l’aumento dell’1,7 per i discount va guardato con attenzione. Perché il rischio è che si modifichi il sistema produttivo italiano», ha spiegato Latini.


Le novità nel carrello

Nonostante tutte le difficoltà – anche invecchiamento della popolazione, stravolgimenti internazionali, difficoltà dell’Unione europea, crisi climatiche, tra quelle elencate nel Rapporto Coop – gli italiani rimangono «ancora ostinatamente ottimisti». E si fanno largo, anche se solo in alcune fasce della popolazione, nuove tendenze e stili di vita non dettate dalle difficoltà economiche. La vendita di prodotti plant-based sono in aumento del 9 per cento, e attenzioni simili vengono date a prodotti più salutari e con pochi zuccheri. Aumenta il numero di consumatori che orienta la propria dieta con un occhio al pianeta. Sono 5,1 milioni gli italiani che dichiarano di alimentarsi a spreco zero, 2,8 milioni si definiscono reducetariani – coloro che riducono il consumo di carne -, e 1,4 milioni climtariani – coloro che usano prodotti a basso impatto di Co2-.

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