Claudio Martelli e la guerra nei cieli di Ustica: «Le risposte? Bisogna chiederle agli Stati Uniti»

L’ex compagno di partito: «Amato? Tradisce un certo livore. Cossiga era vicino agli Usa»

Lo storico esponente del Partito Socialista Claudio Martelli dice che Giuliano Amato non gli ha mai parlato del missile francese che avrebbe abbattuto il Dc-9 dell’Italia nei cieli di Ustica. «Né mi risulta che abbia sollevato la questione con altri prima di ora. Tutti conosciamo Amato per la prudenza e per la precisione con la quale interviene. Per questo mi ha sorpreso la perentorietà con la quale oggi indica la natura del disastro di Ustica e chi ne sarebbe il responsabile», dice oggi il delfino di Bettino Craxi in un’intervista a la Repubblica. Martelli ipotizza che Amato «abbia inteso liberarsi di un fardello. E forse c’è anche qualche elemento personale: «Tra i “generali” e gli ammiragli che accusa c’è Bettino Craxi, peraltro in questo caso con un riferimento sbagliato sul piano storico, come è accertato».


Un fardello personale

Martelli si riferisce all’incongruenza già segnalata dalla figlia di Bettino, Stefania. La quale ha ricordato che l’avvertimento a Gheddafi da parte del padre arrivò nel 1986. Secondo Martelli «l’abbaglio di Amato tradisce un certo livore, come quando definisce Craxi statista trasgressivo. O si è statisti o si è trasgressivi. Se Amato pensava di chiudere la partita su Ustica, a me pare più che abbia aperto il vaso di Pandora. In una storia nella quale noi stessi italiani ci accusiamo al nostro interno di aver depistato, pretendere dai francesi che si assumano una responsabilità della quale non sono nemmeno mai stati ufficialmente accusati non mi sembra un colpo di genio dal punto di vista politico e anche giuridico». Nel colloquio con Stefano Cappellini l’ex ministro della Giustizia dice anche che la tesi del missile è stata smentita così come quella della bomba a bordo.


La verità di Martelli su Ustica

Poi Martelli svela la sua verità su Ustica: «Da fonte Nato quella sera sui cieli di Ustica risultavano in volo 21 aerei militari, italiani, americani, inglesi, forse francesi. L’impresa di accertare chi abbia sparato è improba. Peraltro, come hanno ricostruito alcuni vostri articoli, lo scenario più attendibile è che il Dc9 non sia stato colpito direttamente ma danneggiato dai vortici causati dalle manovre dei caccia». Poi dice che il professor Carlo Casarosa «ha parlato di una prassi secondo la quale gli aerei libici che transitavano nello spazio aereo italiano venivano coperti dalla nostra Aeronautica, che utilizzava gli aerei di linea come scudo visivo, affinché i libici risultassero invisibili ai radar. Se fosse una cosa vera, altro che lodo Moro, sarebbe stata una prassi di una gravità senza pari». Casarosa è professore di meccanica del volo in pensione. Fece parte del collegio di periti incaricato dal giudice Priore.

I periti dei militari

Martelli ricorda che i periti dei militari insistevano sulla tesi della bomba a bordo. «Sbagliavano o mentivano? Entrambe le cose». Sulle rivelazioni che Amato avrebbe ricevuto da Rino Formica, Martelli dubita. «All’epoca Amato era avversario di Craxi e quindi anche di Formica. In ogni caso è probabile che lui abbia ricevuto informazioni da Francesco Cossiga. Che è stato il primo a parlare pubblicamente di attacco francese. E aveva forti legami con gli Stati Uniti. Quando Cappellini gli chiede se Cossiga poteva avere interesse a puntare l’attenzione sulla Francia per sviarla dagli Usa, la risposta è sibillina: «Lei lo dice». Secondo Martelli era Craxi a rivendicare l’indipendenza e la sovranità dell’Italia dagli Stati Uniti, come fece a Sigonella.

L’altra corrente

«Ma c’era un’altra corrente, filocossighiana appunto, per la quale se una cosa la chiedono gli Usa, allora si fa. Ci sono esempi anche recentissimi, come quando da presidente del Consiglio Giuseppe Conte consentì al ministro della Giustizia William Barr di interrogare i vertici dei nostri servizi senza neanche essere accompagnato da una alta carica politica italiana», aggiunge. Secondo Martelli quindi per trovare la verità bisogna guardare agli Stati Uniti e non alla Francia: «A differenza dei francesi, gli americani hanno questa abitudine: a scadenza svuotano gli archivi. L’ho sperimentato anche io potendo consultare nelle carte Fbi la vicenda Falcone. Tutte le comunicazioni dell’ambasciata al Dipartimento di Giustizia sono state desecretate. L’unica via mi sembra imbracciare le armi del diritto e formulare delle domande in grazia di Dio».

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