Non si parla di salario minimo. Piuttosto, la definizione usata da Forza Italia nella proposta di legge alternativa a quella della centrosinistra è «retribuzione equa». Presentato lo scorso 25 luglio e pubblicato oggi sul sito della Camera, il testo prevede che ai lavoratori subordinati del settore privato, laddove non fosse applicabile un contratto collettivo nazionale, venga corrisposto un trattamento economico equivalente «all’importo minimo previsto dal contratto collettivo più diffuso nel settore di riferimento». La proposta, il cui primo firmatario è il capogruppo azzurro Paolo Barelli, specifica che, qualora non sia individuabile un settore di riferimento per la tipologia di occupazione, ai dipendenti sia dato uno stipendio pari «alla media degli importi minimi previsti dai contratti collettivi nazionali più diffusi nei settori affini». Al ministero del Lavoro spetterà il compito di individuare i contratti di riferimento.
«In questo modo», si legge nel documento, «si valorizza la contrattazione collettiva tra i sindacati dei lavoratori e le rappresentanze dei datori di lavoro, ritenuta lo strumento di gran lunga più idoneo per garantire gli interessi dei lavoratori, ma anche delle imprese». C’è poi un secondo articolo della proposta di legge che non è strettamente correlata al tema del salario minimo. Piuttosto, riguarda delle agevolazioni strutturali per i dipendenti privati che percepiscono un reddito annuo inferiore ai 25 mila euro. Per loro, fino al raggiungimento di un beneficio massimo di 5 mila euro, vorrebbe essere introdotto lo stralcio dall’imponibile della tredicesima, delle maggiorazioni per il lavoro notturno e degli straordinari. Per tale misura, Forza Italia pone un limite massimo di spesa pubblica pari a un miliardo di euro. La copertura tecnica individuata è di 700 milioni, ricavati da un taglio di costi dei ministeri, e 300 milioni a carico del fondo sociale per la formazione e l’occupazione.
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