Zelensky-Lavrov, sfida a quattr’occhi all’Onu: «Criminali, che ci fate qui?». «Pupazzo degli Usa». E il leader di Kiev lascia la sala

Il presidente ucraino ha preso per primo la parola alla riunione speciale sul conflitto, poi se n’è andato per non ascoltare la propaganda russa

A quasi 19 mesi dall’inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, il leader di Kiev Volodymyr Zelensky si è trovato per la prima volta faccia a faccia con chi quella guerra l’ha scatenata, il 24 febbraio del 2022. Non il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ma il suo alter ego sulla scena internazionale, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov. Che a differenza del suo capo, almeno per il momento, non è inseguito da un mandato di cattura internazionale per crimini di guerra, e può dunque viaggiare liberamente. Il fugace incontro a quattr’occhi si è svolto oggi al Palazzo di Vetro di New York, dove Lavrov e Zelensky hanno entrambi preso parte alla sessione speciale del Consiglio di sicurezza dell’Onu sul conflitto in Ucraina. Una sfida in prossimità durata una manciata di minuti, perché Zelensky, intervenuto per primo nella sessione speciale, ha affondato il colpo contro la Russia, quindi, appena terminato il discorso, si è alzato ed ha abbandonato la sala, rifiutandosi di ascoltare anche una sola parola pronunciata dal capo della diplomazia del Paese aggressore.


L’affondo di Zelensky contro il ruolo della Russia all’Onu

«La maggior parte del mondo riconosce che le azioni della Russia in Ucraina sono criminali e immotivate e mirano a impossessarsi del territorio e delle risorse ucraine», ha detto Zelensky parlando in apertura della riunione. Quindi, dopo aver lamentato l’impotenza dell’Onu nel conflitto, il leader di Kiev ha definito «illegittima» la presenza della Russia all’intero del Consiglio di Sicurezza: «Il potere di veto in mano all’aggressore è quello che ha spinto l’Onu in questa situazione di stallo. In caso di atrocità di massa, il potere di veto dovrebbe essere sospeso e l’Assemblea Generale Onu dovrebbe avere il potere di superarlo», ha sostenuto Zelensky. Che nel suo discorso ha poi richiamato ancora una volta, come fatto ieri dal pulpito del Palazzo di Vetro, la «formula di pace» in 10 punti che sola per Kiev può indicare la strada per porre fine alla guerra, a cominciare dal ritiro completo delle truppe russe da tutti i territori occupati, compresa la Crimea. «Possa la pace prevalere, possano le nostre istituzioni e le nostra cooperazione diventare più forti», ha concluso Zelensky, prima di mandare il suo ultimo messaggio con il linguaggio del corpo. Terminato il discorso, ha lasciato platealmente l’aula del Consiglio di sicurezza di New York prima che prendesse la parola Lavrov (o chiunque altro, compresi il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e il segretario di Stato Usa Antony Blinken).


La replica «storica» di Lavrov

La risposta di Lavrov, comunque, non si è fatta attendere. Intervenendo poco più tardi, il ministro degli Esteri di Putin ha ribadito le usuali accuse a sfondo storico agli Usa e ai suoi alleati, che per Lavrov «hanno interferito nelle vicende ucraine sin dalla caduta dell’Urss». Ecco perché, per il rappresentate di Mosca, «è colpa dell’Occidente se sono aumentati i rischi di un conflitto globale». L’attuale leader ucraino, di conseguenza, non sarebbe che «un pupazzo degli Usa», e sarebbe di fatto costretto a negoziare con Mosca nonappena Washington glielo volesse «ordinare». Quanto allo stallo nel conflitto, dunque, Lavrov ha rinviato la palla nell’altro campo: «Mosca non rifiuta il negoziato, è il presidente ucraino Volodymyr Zelensky che ha firmato un decreto per vietare un dialogo col presidente Putin».

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