Bari, il prof ferito con una pistola a pallini dallo studente: «Deve essere espulso, ma non denuncerò»

Pasquale Pellicani, docente di Diritto ed economia all’Istituto Romanazzi, ha ricordato: «Non ho capito subito fosse un’arma giocattolo, ho avuto paura»

«Mi sono spaventato, ho avuto molta paura. Quando ti puntano una pistola, non capisci subito se sia un giocattolo oppure no. Mi è mancata l’aria, ho provato panico. Poi ho avvertito un bruciore al petto, esattamente dove mi ha colpito il pallino», così Pasquale Pellicani, professore di Diritto ed Economia all’Istituto tecnico Romanazzi di Bari, racconta il momento in cui un suo studente gli ha sparato in classe con una pistola ad aria compressa, venerdì scorso. «Ero appena entrato in aula, eravamo al cambio d’ora. Quando mi sono accomodato dietro la cattedra ho visto uno dei miei studenti, seduto all’ultimo banco, correre verso di me. A quel punto è partito il colpo. Meno male che qualche secondo dopo ho recuperato il pallino. Era ancora a terra. In caso contrario, sarebbe stato difficile dimostrare quanto accaduto», aggiunge in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera a cura di Enrico Filotico.


Le scuse e il provvedimento disciplinare

Lo studente «si è scusato dicendo che la pistola era scarica. È evidente che stesse cercando di giustificarsi. Hanno subito capito di aver sbagliato. Sì, al plurale, hanno capito. Sia chi ha sparato sia chi gli ha passato la pistola. Hanno iniziato a tremare. Sono stati duramente rimproverati dalla vicepreside, ho visto grande agitazione in loro». Quando Pellicani gli ha chiesto come mai avesse portato a scuola una pistola a pallini «mi ha detto: “Solo per giocare”. Una risposta che mi ha lasciato senza parole». Le conseguenze? «Stiamo immaginando una sanzione che, sotto il profilo disciplinare, sia forte. Dal canto mio ho deciso di non sporgere denuncia, in modo da non rovinare penalmente questi due studenti che sono ancora minorenni. Sono un uomo di fede, perdono, non voglio aggravare la loro situazione. Tutti mi hanno spinto a denunciarli, tuttavia per me è meglio così», spiega il docente.


«Lottiamo da soli»

Ma la mancata denuncia non significa che i ragazzi la passeranno liscia. Il professore intende chiedere «certamente l’espulsione dei due. Credo che la sospensione sia troppo poco. Non avendo denunciato i ragazzi, voglio che almeno il provvedimento emesso dalla scuola sia esemplare». In questo senso il professore concorda con il ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara sull’introduzione di pene più severe a scuola: «Penso che i professori, tutelati da norme interne più rigide, riacquisirebbero anche un po’ dell’autorevolezza che hanno perduto negli ultimi anni. Ci capita spesso di dover lottare da soli. Sempre più spesso accade che i dirigenti scolastici tutelino l’utenza, più che il corpo docente. Parlo per me, soprattutto dopo quello che mi è successo: nella scuola pubblica italiana non mi sento più sicuro. Con pene più severe, forse, episodi come il mio non si verificheranno più».

«Non hanno capito cos’hanno fatto»

Provvedimento esemplare richiesto per due giovani che non provengono da contesti difficili: «al contrario. Sono figli della Bari bene, provenienti da ottime famiglie, vestiti con indumenti firmati. Per me è il primo anno in questa classe. Ma so che non ci sono delinquenti, forse in quel caso avrei avuto paura». Ad ogni modo, continua il prof, «ciò che trovo più grave è che i ragazzi non abbiano capito quel che hanno combinato. Vuol dire, rispetto per esempio alla mia generazione, che hanno una percezione diversa della realtà. Ecco come si spiegano i fatti di cronaca delle ultime settimane, penso agli stupri o alle aggressioni. È come se non ci si rendesse conto della gravità di taluni gesti. E credo che parte della responsabilità sia delle famiglie, che non danno le giuste indicazioni ai figli. Non si tratta di episodi isolati. Si vive tutto come se fosse un gioco, una bravata. Se sarò chiamato in commissione a parlarne – continua Pellicani – racconterò esattamente questo: gli studenti ormai si mettono a tu per tu con i professori».

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