Malata terminale morta all’Idi di Roma, la procura chiede il processo per omicidio volontario. Il marito: «Quella siringa, poi ha smesso di respirare»

L’interrogatorio dell’uomo al pm: «Io sono contrario all’eutanasia, chiesi solo qualcosa per non farla soffrire»

La procura chiede il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio volontario per il medico, E.P., che era di guardia all’Idi di Roma e per il marito, A.C., della donna di 47anni morta in seguito a un’iniezione letale. Tutto accadde la notte del 13 febbraio 2019 nell’istituto romano di via dei Monti di Creta. Secondo il racconto del marito di 53 anni, fatto al pm Stefano Luciani in sede di interrogatorio, quella sera era nella stanza della moglie malata terminale per un tumore al colon insieme a due infermiere. «Lei si agitava e rantola va, nonostante mi fosse stato assicurato che durante la sedazione non avrebbe sofferto. Arrivò il medico di guardia che cominciò ad armeggiare con la flebo. Chiesi spiegazioni sui motivi per i quali mia moglie continuava a essere agitata e questi mi rispose: “Adesso cerchiamo di vedere cosa si può fare”», ha raccontato A.C. «Dopo pochi minuti è tornato avendo con sé un porta strumenti al cui interno vi era una siringa. Ha iniettato il contenuto della siringa nella flebo e mia moglie ha esalato quattro, cinque respiri ed è morta», ha concluso spiegando poi che i sanitari presenti si fecero anche il segno della croce e subito dopo il medico gli fece le condoglianze. «Ricordo anche che si è avvicinato a mia moglie e le ha fatto una carezza sui capelli».


«Non volevo farla soffrire, non ucciderla»

L’accusa sostiene però che il marito abbia chiesto al dottore di porre fine alle sofferenze della moglie. La soluzione offerta dal medico di guardia è stata un’iniezione letale di cloruro di potassio. La somministrazione è stata anche riportata dallo stesso dottore nella cartella medica della donna, facendo così partire le indagini. Il marito non ci sta a questa narrazione e ha avanzato la sua versione: «Io sono contrario all’eutanasia. Proprio per questo ho fatto ricoverare mia moglie all’Idi, affinché potesse essere curata e proseguire la sua vita in condizioni quanto meno accettabili». E ha anche aggiunto una storia a corredo della sua tesi: «Ricordo che il giorno della scomparsa di una nostra amica, eravamo nel nostro negozio, mia moglie mi disse che se si fosse aggravata non avrebbe voluto soffrire: questo discorso mi fece molto arrabbiare e replicai, tagliando frettolosamente la conversazione». Da qui la decisione di prendere le vie legali contro il medico di guardia quella sera: «Agirò contro questo medico, l’ho deciso appena ho appreso che mia moglie era morta per via del suo intervento. E lo stesso farò nei confronti di coloro che mi hanno dipinto come un questuante della morte». L’uomo ha spiegato di «essersi prodigato con il personale dell’Idi per chiedere di darle qualcosa per non farla soffrire, ma non per condurla alla morte». E anche prima di sedarla avrebbe temporeggiato per salutarla un’ultima volta da cosciente. A.C. ha in seguito rifiutato la cremazione che il personale dell’Idi gli aveva proposto. «Era certo che la morte fosse stata naturale. E infatti è rimasto sconvolto dei risultati dell’autopsia», spiegano i suoi legali Luigi Conti e Cesare Del Monte.


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