Israele, i 130 ostaggi di Hamas e l’operazione di terra su Gaza entro 48 ore: «Rapimenti, violenze e abusi su donne e bambini»

Le loro storie sui social network. I filmati degli appelli dei parenti e l’offensiva di Gerusalemme in preparazione

Israele è pronto a un’operazione via terra a Gaza che dovrebbe scattare nelle prossime 24-48 ore. E ha chiesto agli Stati Uniti missili per l’Iron Dome, bombe di piccolo diametro, munizioni per mitragliatrici e una maggiore cooperazione nella condivisione di informazioni di intelligence. A scriverlo è il Washington Post, mentre l’esercito intanto spiega che gli aerei stanno continuando a bombardare la Striscia di Gaza in questo momento per «devastare le capacità del gruppo terroristico Hamas». E gli Usa stanno cercando di capire se dietro l’attacco ci sia la regia dell’Iran. Hamas fa sapere che ha 100 cittadini israeliani tra i suoi ostaggi. Tra cui anche ufficiali dell’esercito.


Prigionieri e dispersi

A dirlo è stato l’esponente della fazione Moussa Abu Marzuk secondo i media palestinesi, ripresi da quelli israeliani. Poco prima la Jihad islamica aveva fatto sapere di tenere prigionieri 30 israeliani. Il totale in base a queste informazioni è per ora di 130 ostaggi. Altre fonti parlano di 750 dispersi. La loro sorte è un punto interrogativo per Israele, specie di fronte delle dure proteste dei parenti degli ostaggi, che denunciano di essere stati abbandonati dalle autorità. I social sono inondati di richieste di informazioni e di aiuto. Ieri Netanyahu ha nominato il generale in pensione Gal Hirsch «coordinatore per i prigionieri e i dispersi» con il compito di occuparsi della vicenda con pieni poteri. Mentre l’esercito ha creato una sorta di unità di crisi per cercare di localizzarli. Intanto il conto dei morti è arrivato a 700. I feriti sono oltre 2.300.


Le storie

I social sono pieni anche di foto e video di rapimenti, violenze e abusi su uomini, donne e bambini portati via dalle loro case e trasferiti con la forza nella Striscia di Gaza. Ognuno ha una sua storia. I filmati mostrano la ferocia della guerra: «Questa è mia nonna ed è stata catturata e portata a Gaza», ha scritto Adva Adar sui social pubblicando l’immagine di una signor portata via dai terroristi penetrati nel suo kibbutz. «Il suo nome è Yaffa Adar ed ha 85 anni». La giornalista di Ynetnews Emily Schrader ha condiviso un video in cui una famiglia composta da marito, moglie e due bambini è seduta a terra ostaggio in una casa. La figlia maggiore è stata uccisa durante l’irruzione. «Volevo che vivesse, c’è la possibilità che torni?», chiede il fratellino alla mamma. «No», risponde lei. Poi si sente una forte raffica di proiettili all’esterno e i due genitori si gettano sui figli, coprendoli col proprio corpo per proteggerli a costo della vita.

I bambini

In un altro video un bambino israeliano rapito e portato a Gaza viene messo in mezzo ad altri bambini palestinesi che lo spingono, lo prendono in giro, gli agitano un bastone vicino al viso. «Dì ima, ima, ima’ (‘mamma’ in ebraico)», dicono i bambini intorno a lui e una voce dietro alla fotocamera, che sembra essere di un adulto. Yoni Asher ha denunciato sabato sera che sua moglie Doron Katz-Asher e le due figlie Aviv e Raz, di 3 e 5 anni, erano in casa della suocera, nel Kibbutz Nir Oz, quando Hamas ha fatto irruzione. Utilizzando il servizio di geolocalizzazione del telefono di sua moglie ha rintracciato lo smartphone a Khan Younis, una città densamente popolata nel sud di Gaza.

Il rave

Decine sono i rapiti da un rave durato tutta la notte venerdì sera al Kibbutz Reim, vicino al confine con Gaza. Poi c’è la storia di Noa Argamani, 25enne protagonista di un filmato scioccante in cui viene portata via dai combattenti di Hamas durante il festival. Il video la riprende mentre implora per la sua vita, seduta sul retro di una motocicletta. «Non uccidermi! No, no, no», urla. Anche il suo ragazzo, Avinatan, viene portato via dai miliziani. Dalla festa risulta anche disperso un cittadino britannico, il 26enne Jake Marlowe, addetto alla sicurezza della festa, e una giovane tatuatrice tedesca, Shani Louk. La madre, in un disperato video sui social, implora aiuto chiedendo la liberazione della ragazza. «Mandateci qualunque notizia», dice, tenendo in mano lo smartphone che mostra una foto della figlia.

Il generale e gli ostaggi

Il generale Marco Bertolini, già al vertice del Comando operativo interforze e di Col Moschin e Brigata Folgore, veterano di Libano e Somalia, dice oggi a Il Messaggero che sarà difficile liberare gli ostaggi. «Sono trattenuti in un’area formicaio di 360 chilometri quadrati e oltre 2 milioni di abitanti. Probabilmente si vorrà giocare una battaglia più diplomatica che militare, uno scambio coi detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, che fornirebbe a Hamas un riconoscimento che Israele non ha mai voluto concedere». Secondo il generale «liberare gli ostaggi è una capacità richiesta alle forze speciali. Ma un conto è liberarli in un’area sotto controllo, in una cornice di forze di polizia, con un’azione puntiforme altamente professionale. Altro è in un formicaio ostile: occorrerebbero forze importanti, parecchi mezzi, informazioni estremamente precise e un’area di sicurezza. Si metterebbe a rischio l’incolumità degli ostaggi. Non basta l’azione dello specialista in guanti bianchi che mette una carica sulla porta, entra, uccide i cattivi, salva i buoni e li porta via».

Le analisi del Dna

Al centro per le persone scomparse vicino all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv decine di persone si stanno registrando e stanno effettuando tamponi del Dna. Sono ultra ortodossi, cittadini arabi israeliani, mizrahi, ashkenaziti. Tutti in fila, alla ricerca disperata di un segnale di speranza.

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