Corleone, l’Asl assume un ginecologo condannato in primo grado per stupro

Dopo l’arresto nel 2017 Biagio Adile aveva deciso di andare in pensione. Per il legale della paziente violentata «non deve esercitare»

Era stato condannato in primo grado a cinque anni e due mesi per violenza sessuale nei confronti di una paziente. L’ex primario di Villa Sofia e ginecologo ha avuto un incarico da parte dell’Azienda sanitaria provinciale di Palermo negli ospedali di Petralia Sottana e Corleone. «In quella parte di provincia manca uno specialista in uro ginecologia – spiega la commissaria straordinaria dell’azienda sanitaria a Repubblica – per questo abbiamo fatto un bando, per il conferimento di un incarico di lavoro autonomo libero professionale». E l’unica domanda pervenuta, spiega ancora la dottoressa Daniela Faraoni, «è stata quella del dottor Biagio Adile». Quest’ultimo, che è stato condannato solo in primo grado, fino alla condanna di Cassazione resta un presunto innocente.


I fatti del 2007

E l’azienda, dal canto suo, ha l’esigenza «di offrire – prosegue Faraoni – un servizio importante in un posto in cui nessun medico vuole andare perché in quella parte di provincia le strade non sono così buone». Dopo l’arresto nel 2017, Adile aveva deciso di andare in pensione. Poi, però, il ripensamento e il nuovo lavoro con l’Asp: un primo contratto – scrive l’edizione locale di Repubblica – risale al tempo del processo, è stato poi prorogato, scadrà il 31 dicembre. «Dal punto di vista formale è tutto in regola», spiegano dall’Asp. Ma per l’avvocato che ha assistito la paziente nel processo per violenza sessuale «sarà pure una sentenza di primo grado, ma è pesante – dice il legale Michele Calantropo -. La violenza è stata registrata dalla vittima», spiega Calantropo riferendosi al file audio registrato dalla persone offesa durante l’abuso.


L’ammissione

Il medico, in quell’occasione, ha ammesso di avere intrattenuto un rapporto sessuale con la paziente, ma ha detto che lei era consenziente. Il giudice non gli ha creduto: «L’imputato mente, anzi mente sapendo di mentire. Per ben quindici volte, la persona offesa ha manifestato in maniera inequivocabile il suo diniego», si legge nella sentenza. È, inoltre, emerso come dopo la denuncia della giovane anche un’avvocatessa palermitana si è fatta avanti, raccontando in aula delle violenze subite in ospedale quando era giovane. L’8 febbraio si aprirà il processo d’appello.

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