Roberto Saviano e l’idea di trasferirsi all’estero dopo la condanna: «Vivere qui è sempre più difficile»

Secondo lo scrittore l’Italia si sta trasformando in un paese sempre più autoritario

«Vivere qui è sempre più complicato. Bisogna capire quanto resto ancora in questo che si sta trasformando in un paese sempre più autoritario». E ancora: «Sto pensando di trasferirmi all’estero». Dopo la condanna per diffamazione nei confronti di Giorgia Meloni, il giornalista e scrittore Roberto Saviano adombra la possibilità di lasciare l’Italia. Lo fa con il Corriere della Sera e La Stampa parlando ai margini del processo a Roma. «Il mio disprezzo per questo governo è totale», dice ancora Saviano. Denunciando «la mediocrità di questi individui che sporcano la democrazia». E che pensano che «aver vinto alla lotteria elettorale sia sufficiente per violare tutto quello che violano». Poi ricorda la scrittrice Michela Murgia, che gli è stata vicino durante il processo.


La rivendicazione

Saviano rivendica «le parole che ho utilizzato contro la ferocia menzognera di questo governo. Tanto più è grande la loro menzogna, tanto più è proporzionato il mio grido contro di loro». Aveva definito “bastardi” Meloni e Matteo Salvini (che non lo ha querelato) parlando della morte di un bambino nel mar Mediterraneo e della guerra del centrodestra alle Ong. Sostiene di essere «fiero di aver fatto questo processo: il giudice ha riconosciuto un aspetto morale e questo mi ha fatto sorridere, perché in questi mesi ho notato il tentativo continuo di fermarmi». Saviano cita l’esempio della trasmissione in Rai cancellata. E spiega che l’obiettivo del governo è di «intimidire non tutti, ma solo coloro la cui voce temono. Esattamente come fa Orbán».


Il giudice

Meloni aveva chiesto 10 mila euro di risarcimento. Il giudice ha invece riconosciuto le attenuanti generiche. Tra le quali «l’aver agito per motivi di particolare valore morale». Dichiarando anche la sospensione della pena e la non menzione nel casellario giudiziario. «Non c’è onore più grande per uno scrittore che vedere le proprie parole portate a giudizio perché il capo del governo le teme», dice uscendo dal tribunale. «Questo processo è un’intimidazione. Loro si difendono utilizzando l’immunità parlamentare, agendo da banda. E mi riferisco a Salvini, Gasparri e compagnia bella. Chi invece li critica viene portato a giudizio. Quindi perdere oggi è l’esempio di quello che accadrà domani. Permette di capire ancora meglio in quale situazione stiamo vivendo, con un potere esecutivo che cerca di intimidire chiunque non racconti le loro bugie».

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