Critiche a Israele, Moni Ovadia lascia la direzione del Teatro comunale di Ferrara: «L’Italia è un regime, perseguitato per le mie idee»

L’attore aveva imputato al governo di Tel Aviv la responsabilità dell’attacco di Hamas: «Ho solo detto che hanno fatto marcire la situazione»

«Tutto questo succede solo perché ho espresso un’opinione: sono finito in questa persecuzione, in questa aggressione, solo per questo». Al Corriere della Sera Moni Ovadia annuncia le sue dimissioni dalla direzione del Teatro Comunale Abbado di Ferrara. L’attore e scrittore aveva pronunciato frasi critiche verso il governo israeliano dopo l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre e i successivi bombardamenti sulla Striscia di Gaza. «Ho detto che la responsabilità di tutto quello che è accaduto ricade sul governo. Non ho detto “Viva Hamas”», scandisce Ovadia, «ho solo aggiunto che hanno lasciato marcire la situazione. Ho scritto cose molto, molto più forti in questo senso in passato». Dopo le sue accuse, era stata fatta circolare la richiesta delle sue dimissioni, in particolare dal senatore di Fratelli d’Italia Alberto Balboni. «Non volevo fare un passo indietro, volevo farmi cacciare e poi sporgere denuncia, ma lo faccio per i lavoratori che non devono essere danneggiati», ha aggiunto, «così venerdì rassegnerò le dimissioni. La maggioranza del Cda e del Consiglio comunale ha comunque gli strumenti per mettermi nell’angolo».


Chiuso il capitolo sul suo futuro all’Abbado, Ovadia deve però levarsi qualche sassolino. «Da quando ho l’età della ragione sono schierato con la libertà d’espressione, ma alla fine ho preferito non danneggiare i lavoratori e anticipare la decisione dei vertici», spiega ancora,« constato però che l’Italia è un regime, non è una democrazia neanche da lontano», sottolineando di essere stato messo in un angolo per aver espresso solo una opinione: «Quando attacchi le opinioni inizi a prefigurare la tirannia». Secondo Ovadia poi, se non si fosse dimesso ora sarebbe stato attaccato continuamente anche in futuro, con qualsiasi pretesto, «perché questo è il nuovo fascismo, stigmatizzare l’opinione delle persone criminalizzandole». E rivendica poi i risultati raggiunti dal Teatro sotto la sua direzione: «Con la mia gestione il Teatro aveva raggiunto risultati clamorosi, aveva aumentato le produzioni, erano cresciuti i finanziamenti».


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