Brescia, la storia del bengalese accusato di picchiare la moglie «per un fatto culturale» finisce con un’assoluzione

I giudici: il fatto non sussiste., I colloqui con i servizi sociali e le denunce

La storia del cittadino bengalese accusato di picchiare la moglie finisce con un’assoluzione «perché il fatto non sussiste». La vicenda era finita sui giornali perché il pubblico ministero Antonio Bassolino aveva chiesto l’assoluzione dell’imputato. Motivandola con «l’impianto culturale» del paese d’origine. La procura di Brescia aveva preso le distanze dal pm. Secondo il quale il fatto non costituiva reato. Invece è arrivata l’assoluzione con formula piena. Mentre, racconta oggi il Corriere della Sera, in apertura di udienza è stato lo stesso magistrato a integrare la sua discussione scritta. Precisando che «esaminati gli atti, rivaluta l’istanza precedente e la riformula chiedendo l’assoluzione perché – appunto – il fatto non sussiste». E riportandosi alla prima parte delle sue conclusioni. In cui spiega che «il reato di maltrattamenti difetta del suo presupposto» cardine: «l’abitualità della condotta».


I racconti

Dai racconti della presunta vittima, una 27enne, emergevano infatti «solo» tre presunti episodi di violenza in sei anni di convivenza. L’avvocata di parte civile Valentina Guerrisi ha definito «inaccettabili, inammissibili e lesive dei diritti fondamentali delle persone, oltre che della Costituzione» le affermazioni del pm. «Ancora una volta una violenza senza tutela. È molto grave, le donne non denunceranno più. Non crederanno più in questa giustizia», ha aggiunto uscendo dall’aula. Durante la discussione la ragazza era in lacrime. Guerrisi ha ribadito che la sua assistita ha subito e non accettato umiliazioni, violenze fisiche e psicologiche. Oltre alle privazioni della libertà «perché non aveva alternative», né indipendenza economica, dopo essere stata venduta per cinquemila euro dalla famiglia al cugino affinché lo sposasse, a soli 17 anni, in patria.


Il pm

Secondo il pm invece dal 2018 durante i colloqui con i servizi sociali la donna non ha mai confidato le violenze del marito. «Ha dato diverse versioni, non è attendibile. Lo fa sui presunti abusi sessuali, sulla mancata possibilità di uscire, sulle motivazioni che l’avrebbero spinta a chiedere la separazione – lui «non lavora e non mi tira fuori da questa casa così piccola» dove vivevano anche le due figliolette. «Aveva un altro uomo». E «più volte si sarebbe vantata dei suoi stessi tradimenti al marito, con il quale lei raccontò, nonostante le difficoltà iniziali perché era cresciuta in Italia, di aver poi creato un buon rapporto». Ed è arrivata l’assoluzione.

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