Netanyahu-Erdogan, la rottura su Gaza arriva tra gli scaffali: i supermarket israeliani ora boicottano le merci turche

Ankara era entrata nella top five degli esportatori verso lo Stato ebraico. Ma ora tutto potrebbe cambiare

L’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre e la conseguente offensiva dello Stato ebraico sulla Striscia di Gaza hanno riaperto una ferita lacerante nelle relazioni turco-israeliane. L’escalation verbale del presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, secondo cui i miliziani di Hamas sarebbero dei «liberatori», la reazione di Israele «un’atrocità pensata per uccidere i bambini» e l’Occidente «responsabile del massacro in corso a Gaza» è andata di traverso a Tel Aviv, che nei giorni scorsi ha ordinato il rientro di tutti i diplomatici da Ankara al fine di «condurre una rivalutazione» delle relazioni tra i due. Una situazione esplosiva, in termini diplomatici ma non solo: già, perché ora potrebbe avere delle ricadute anche negli scambi commerciali. Stando a quanto riporta Haaretz, infatti, una serie di catene di supermercati israeliani starebbe bloccando le importazioni dalla Turchia a seguito delle dichiarazioni del Sultano nel discorso rivolto al gruppo parlamentare del suo partito Akp, lo scorso 25 ottobre. Shufersal, la più grande società di market, i concorrenti Rami Levy e Yochananof e i piccoli ipermercati hanno deciso di mettere un freno all’import dei prodotti turchi. Ankara, negli ultimi anni, è riuscita a guadagnarsi un posto nella top five dei principali Paesi esportatori in Israele dopo Cina, Stati Uniti, Svizzera e Germania. Nel 2022, in particolare, le importazioni dalla Turchia hanno superato i 7 miliardi di dollari. Una cifra, questa, raddoppiata dal 2019 anche grazie agli accordi e agli incontri tra imprenditori locali – su iniziativa della Federazione delle camere di commercio israeliane e dell’Assemblea degli esportatori turchi – degli ultimi anni. Il presidente dell’associazione di Tel Aviv, Uriel Lynn, ha affermato che la posizione turca potrebbe incidere in modo significativo sulle importazioni in Israele. «Siamo persone realistiche ed è chiaro che molti importatori saranno cauti nell’acquistare in Turchia. E non sappiamo neppure – continua – quali effetti avranno le parole di Erdogan sugli affari. Ma per noi è una delusione molto amara». Per altri imprenditori, invece, i numeri in costante aumento, nonostante le operazioni militari a Gaza degli ultimi anni, non andranno a intaccare gli scambi commerciali tra i Paesi. «Ci sono sempre state sfide nei legami tra i due Paesi e per questo prevediamo che la quantità di accordi che vediamo oggi continuerà più o meno allo stesso livello», spiega. La Federazione degli agricoltori israeliani, intanto, ha inviato una lettera ai rivenditori esortandoli ad etichettare – come prevede una legge che dovrebbe entrare in vigore tra qualche mese – i prodotti con la denominazione del Paese d’origine a causa dei danni che la guerra «ha già causato agli stessi», si legge nella lettera. Nonostante la presa di posizione dei supermercati israeliani, il ministero dell’Agricoltura ha fatto sapere che questa settimana dovrebbero arrivare sei navi con frutta e verdura proprio dalla Turchia.


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