Anche Stefano Disegni non andrà a Lucca Comics: «Ma non per Israele, per Netanyahu: è un folle»

Il fumettista satirico: è innegabile che i palestinesi abbiano subito un apartheid in questi anni

Stefano Disegni è un disegnatore satirico. Collaboratore storico di Cuore insieme a Massimo Caviglia, ha ideato il personaggio televisivo “Scrondo” e ha vinto il “Ciak d’oro” per la satira cinematografica. Oggi su il Fatto Quotidiano annuncia che non andrà a Lucca Comics, come Zerocalcare. E come gli artisti israeliani Asaf e Tomer Hanuka e Fumettibrutti. «Dovevo essere là a firmare copie di un libro appena uscito, strizzato in uno stand a siglare prime pagine e scrivere dediche spiritose. Ma anch’io sento il patrocinio dell’Ambasciata israeliana come il sassolino nella scarpa che mi fa tanto male, ahi». Per Disegni «quello che nel corso degli anni è stato fatto ai palestinesi è innegabile. Segregazione in un ghetto chiuso da muri, deprivati, senza diritti, a trascinare un’esistenza grama, tra mille difficoltà e poche speranze. Inutile girarci intorno, è apartheid bello e buono».


L’apartheid e il responsabile

Disegni dice che Israele è «l’unica realtà democratica, moderna, civile, laica, pluralista e tecnologicamente avanzata (mi verrebbe da dire europea, ma poi qualcuno salta sulla sedia) in un ambiente intorno infestato da dittatori, fondamentalismi religiosi, arretratezze e mafie varie. Per questo mi incazzo e il sassolino si fa sentire». Perché proprio quel paese si è consegnato «nelle mani di un irresponsabile nazionalista pericoloso per la pace come Netanyahu». Uno che «sulla questione palestinese s’è semplicemente girato dall’altra parte finché il bubbone di cui non si è mai occupato non è scoppiato a opera di barbari odiosi, orribili, inaccettabili (quanti aggettivi devo metterci per non essere accusato di trascurare quello che hanno fatto?)». E spera che «la parte ragionevole» di Israele non si fermi alla rabbia. E si pensi al futuro.


Comprensione reciproca

Poi Disegni cita David Grossman: «Non sto parlando di amore reciproco. Sto parlando di comprensione reciproca, di accettazione reciproca, di curiosità reciproca, di guardarsi gli uni con gli altri attraverso le lenti dell’autenticità, pur in una cultura ricca di contraddizioni interne. Sto parlando di liberarsi dei pregiudizi e degli stereotipi. Ci vorranno anni. Serve un’educazione profonda. Tutto ciò ha pochissime possibilità di realizzarsi. Eppure, se non ci proviamo, se non lo facciamo, siamo condannati, soggiogati a uno spargimento di sangue ogni tre, ogni cinque anni. E questo è insopportabile». E conclude: «Che sfanculino al più presto chi alla questione palestinese non ha saputo rispondere se non con l’indifferenza o le bombe a pioggia, e allora un’ambasciata tornerà a essere solo un’ambasciata. In questi giorni penso con costernazione a gente come Rabin e Peres. Avercene, specie adesso».

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