Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen è «il leader debole più forte che si possa immaginare», secondo gli analisti arabi. Per questo, spiega oggi La Stampa, è un punto di riferimento degli ultimi 35 anni in Medio Oriente. Uno dei pochi sopravvissuti al magma della «leadership palestinese». Nel 1980 era responsabile degli Affari Esteri dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Poi è diventato responsabile per la lotta sui territori poco dopo lo scoppio della prima Intifada. Mentre nel 1993 insieme ad Abu Alaa è tra gli artefici degli accordi di Oslo. Dopo la nomina a primo ministro nel 2005 ha vinto le elezioni diventando presidente dell’Autorità Palestinese. Ora ha aperto al piano Usa per la pace. Ma mettendo alcuni paletti.
I paletti
Ha chiesto prima di tutto il cessate il fuoco a Gaza. Senza condannare apertamente Hamas, secondo i media per non compromettere la sua già precaria popolarità presso i palestinesi. Ha chiesto a Blinken anche la fine della violenza contro i palestinesi in Cisgiordania. Secondo gli Stati Uniti dopo la fine del conflitto ci sarà un vuoto di autorità nella Striscia di Gaza. Abu Mazen ha risposto che «assumerà piene responsabilità, all’interno del quadro di una soluzione politica complessiva, che includa tutta la Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza». Eppure, spiega Repubblica, oggi Abu Mazen ha 88 anni ed è screditato da accuse di corruzione e di complicità con Israele. Mentre è difficile anche capire chi sarà il suo interlocutore, visto che anche il destino di Netanyahu appare segnato. Dovrà cedere la poltrona di premier. Forse a un uomo dell’opposizione.
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