Rimpatri, visti e minori non accompagnati. L’Ue boccia l’Albania cara a Meloni: «Gravi lacune sulla gestione di asilo e immigrazione»

Nel rapporto 2023 la Commissione ribadisce tutti i ritardi del Paese, inclusa la corruzione dilagante. Un problema per l’Italia dopo la firma dell’intesa «innovativa» sui migranti

Un partner strategico, di primaria affidabilità, per l’Italia. Un Paese che deve ancora fare giganteschi passi avanti su una serie di delicati capitoli, compresi quelli legati alla la gestione dei migranti, per l’Unione europea. L’Albania è da 48 ore osservata speciale, dopo che la premier Giorgia Meloni ha annunciato l’inedita intesa col governo di Tirana per ospitare su quel territorio un centro di smistamento per richiedenti asilo a gestione interamente italiana. Un accordo per esternalizzare la gestione di migliaia di migranti all’anno diretti verso un Paese fondatore Ue in un altro Stato, fuori dall’Ue e dunque anche dall’area Schengen e dall’Accordo di Dublino. E che come tale ha sollevato, insieme al prevedibile plauso della maggioranza di centrodestra, dubbi e perplessità non solo tra le opposizioni, ma anche tra giuristi e osservatori. Comprese le istituzioni europee, che stanno al momento vagliando i dettagli (quelli fin qui noti) del protocollo d’intesa. Una valutazione più che dettagliata dell’affidabilità delle autorità albanesi – con cui quelle italiane dovranno collaborare strettamente per la gestione dei futuribili «36mila migranti l’anno», dall’identificazione allo smistamento, sino agli eventuali rimpatri – la Commissione l’ha data tuttavia questa mattina, nell’ambito del «pacchetto allargamento» con cui ha raccomandato l’avvio di negoziati con Ucraina e Moldavia, e sottolineato le lacune che restano invece da colmare per l’ingresso in Ue dei Paesi dei Balcani. Albania compresa, appunto. Ecco cosa non torna secondo i tecnici di Bruxelles che studiano giorno per giorno i progressi (e non) del Paese guidato da Edi Rama.


Rimpatri, visti, minori non accompagnati: così non va

«Il quadro legale sull’immigrazione è largamente in linea con l’acquis dell’Ue, anche se ha bisogno di aggiornamenti», scrive la Commissione nel rapporto 2023 sull’Albania, lodando in particolare il significativo contributo dato dal Paese alla gestione dei flussi migratori verso l’Ue. Nel senso di tenerli lontani dai confini comunitari, s’intende: «Nel 2022 il numero dei migranti irregolari entrati in Albania si è ridotto del 34% rispetto al 2021», sottolineano i tecnici di Bruxelles. Ma dopo gli apprezzamenti arrivano le doléances. Peccato, prosegue l’esame, che sull’accesso alle procedure d’asilo «non sia stato fatto alcun progresso» e che permangano problemi anche su quelle di rimpatrio. Non solo: se vuole vedersi riconosciuto il pieno allineamento con gli standard europei in tema di asilo e migrazione l’Albania deve anche «compiere concreti passi in avanti per rispondere alle necessità dei minori non accompagnati e allineare la sua politica dei visti con quella dell’Ue». Il rapporto, pubblicato oggi, pre-data naturalmente l’annuncio dell’intesa Meloni-Rama e le polemiche che ne sono seguite. Ma il messaggio del documento della Commissione a chiunque spinga per l’ingresso nel “club” dell’Albania, Italia in primis, è chiaro: tra il dire e il fare in tema di rispetto dei diritti e maturità delle strutture dello Stato albanese sta ancora di mezzo il mare.


Corruzione, libertà d’espressione, traffici oscuri: le altre spine per Tirana

Non che la gestione dei migranti sia l’unico dei nodi su cui Tirana è chiamata ancora a svolgere parecchi «compiti a casa» prima di poter ambire all’adesione. La questione che preoccupa di più Bruxelles, come per altri Paesi balcanici, è la piaga persistente della corruzione. «Nonostante i continui sforzi e qualche progresso compiuto, resta motivo di profonda preoccupazione», scrive la Commissione, segnalando come «la corruzione è prevalente in molte aree della vita pubblica e d’impresa, e le misure di contrasto continuano ad avere un impatto limitato». Dalla pervasività della corruzione e dei monopoli derivano oltretutto seri problemi per quanto riguarda la libertà d’espressione, in particolare sui media: «L’intersezione tra interessi politici ed economici, la mancanza di trasparenza sulle fonti di finanziamento, al concentrazione della proprietà dei media, l’intimidazione e condizioni di lavoro precarie continuano a ostacolare l’indipendenza dei media, il pluralismo e la qualità del giornalismo», denuncia la Commissione, puntando il dito anche contro «l’atmosfera di attacchi fisici e verbali, le campagne di delegittimazione e le denunce intimidatorie contro i giornalisti». La trasparenza, oltre tutto, manca anche nelle procedure di selezione per l’amministrazione pubblica, quella chiamata a trattare – fra le altre cose – anche i dossier legati ai migranti e le domande di asilo. A proposito di “traffici” loschi, infine, restano da compiere passi in avanti anche nella lotta contro il contrabbando di droga, contro il riciclaggio di denaro e contro la tratta di essere umani. Non che su tutti questi temi i 27 attuali Paesi membri risplendano tutti per dedizione alla causa e risultati ottenuti. Ma per chi ancora è fuori dall’Ue, l’esame resta severo. E a Roma sarà bene leggerlo con attenzione.

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