Trattativa per liberare gli ostaggi israeliani, l’appello dei familiari: «Accordo possibile stasera: non fermatelo»

Il capo dello Shin Bet ha lasciato il Cairo dopo una breve visita in Egitto come parte degli sforzi per raggiungere un’intesa sullo scambio di prigionieri tra Hamas e Israele

Continuano complicate ma febbrili le trattative per giungere al rilascio di almeno parte degli ostaggi israeliani detenuti a Gaza, mediate principalmente da Egitto e Qatar, con gli Usa sullo sfondo. In serata, stando a quanto riferiscono i familiari delle persone rapite da Hamas, potrebbe arrivare un accordo sulla loro liberazione. «Netanyahu, Gantz e Gallant. Sappiamo che una decisione può essere presa stasera. Non dovete fermare l’accordo», è l’appello dei famigliari degli ostaggi, lanciato al termine della prima giornata della Marcia per la liberazione degli israeliani rapiti dai miliziani il 7 ottobre. In mattinata, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, si è inoltre recato in Egitto dove ha incontrando ufficiali di alto livello, tra cui il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamel, per promuovere l’accordo proprio sugli ostaggi: «La visita si è limitata a discussioni volte ad attuare una tregua umanitaria e alla questione dello scambio di prigionieri», ha detto l’emittente Al Qahera News, citando fonti ufficiali. Anche il presidente Usa, Joe Biden, si è detto ottimista sul loro rilascio: «Credo che avverrà», ha affermato Biden, prima del vertice di oggi – martedì 14 novembre – con il presidente cinese a San Francisco. Nel frattempo, il ministro della Difesa di Tel Aviv, Yoav Gallant, ha detto alla stampa che «la pressione operata sul terreno a Gaza dischiude nuove possibilità per un accordo sul rilascio degli ostaggi. Quando alcune settimane fa – ha continuato Gallant – ho ordinato l’avvio della manovra terrestre una delle ragioni era la necessità di esercitare pressione su Hamas. E questa pressione – ha concluso, rispondendo ad una domanda sulla missione al Cairo – accresce le possibilità».


Ostaggi per detenuti: accordo in vista Israele-Hamas?

Secondo quanto riporta il Washington Post, Israele e Hamas sarebbero vicini ad un accordo tale da condurre alla liberazione di gran parte delle donne e dei bambini rapiti dai miliziani il 7 ottobre in cambio del rilascio di donne e giovani palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Secondo il quotidiano Usa, che cita un alto funzionario israeliano, l’intesa potrebbe essere annunciata entro pochi giorni se verranno sciolti gli ultimi nodi. L’accordo prevederebbe che le donne e i bambini israeliani siano rilasciati in gruppi, contemporaneamente alle donne e ai giovani palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Israele vuole la liberazione di tutte le donne e bambini rapiti, stimati in un centinaio, ma Hamas sarebbe disposta a concedere il rilascio di una settantina. Mentre secondo un responsabile arabo citato dal Washington Post i detenuti palestinesi coinvolti potrebbero essere circa 120. A non essere certamente coinvolta nello scambio sarà però Vivian Silver. La storica attivista per la pace israeliana, tra le fondatrici dell’associazione Women Wage Peace, non è stata infatti rapita, ma è morta nell’attacco di Hamas lo scorso 7 ottobre al kibbutz di Be’eri, dove viveva. Lo ha detto il figlio, Yonatan Zeigne, al media canadese Cbc News. I famigliari della 74enne hanno appreso la notizia nelle scorse ore dalle autorità israeliane: soltanto ora è stato possibile identificare i suoi resti nel kibbutz di Be’eri. Intanto la polizia ha annunciato l’apertura di una inchiesta sui numerosi casi di violenze sessuali avvenute ai danni di israeliane da parte dei miliziani di Hamas durante l’attacco dello scorso 7 ottobre.


Continuano le operazioni militari a Gaza

A 39 giorni dall’assalto di Hamas nel sud di Israele, continuano le operazioni militari dello Stato ebraico nella Striscia di Gaza per stanare l’organizzazione terroristica. Questa mattina l’esercito ha fatto sapere di avere colpito 200 obiettivi nelle ultime 24 ore, inclusi «terroristi, siti di produzione di armi, postazioni di lancio di razzi anti-carro, centro di comando operativi» oltre a un campo di addestramento delle forze navali di Hamas usato anche come magazzino d’armi. Mentre ieri sarebbe stato scoperto un tunnel usato per scopi militari scavato in profondità sotto una moschea, dove sarebbero stati ritrovati armi ed esplosivi. Israele ritiene però che gli obiettivi cruciali – compresi i capi di Hamas nella Striscia – si trovino nei tunnel che stanno sotto i principali ospedali della città, a cominciare da quello di Al Shifa, cinto in queste ore d’assedio dall’esercito. Medici e pazienti continuano ad essere intrappolati al loro interno, senza carburante e con scorte sempre più ridotte di acqua e cibo, mentre alle porte infuriano i combattimenti tra soldati e miliziani. «Ci sono spari e bombardamenti continui tutt’attorno», ha scritto il capo della neurochirurgia di Al Shifa, Nidal Abuhadrous, in un messaggio all’organizzazione Medical Aid for Palestinians. Altra rara testimonianza da dentro l’ospedale quella resa da un chirurgo che vi opera a Medici Senza Frontiere: «Non abbiamo acqua, cibo o elettricità. Le persone moriranno entro poche ore senza respiratori funzionanti. Davanti alla porta d’ingresso ci sono molti corpi, e anche molti pazienti feriti, ma non possiamo portarli dentro (…) La situazione è pessima, disumana». Tanto che, 179 corpi sarebbero stati sepolti in una fossa comune all’interno della struttura, ha riferito stamattina il direttore dell’ospedale Al-Shifa.

Emergenza sanitaria e misure umanitarie

Per rispondere all’emergenza riguardante i neonati, stamattina l’esercito israeliano ha detto di aver iniziato a trasferire incubatrici dagli ospedali israeliani all’ospedale Al Shifa. Le Forze di difesa lavoreranno «con qualsiasi parte mediatrice affidabile» per garantire che le incubatrici vengano consegnate in modo sicuro, ha detto un portavoce dell’esercito. Ieri il ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha annunciato che 32 pazienti sono morti nell’ospedale negli ultimi giorni, inclusi tre bebè prematuri. Secondo il ministero, i medici non possono evacuare centinaia di pazienti ancora in ospedale, tra cui più di 30 neonati prematuri, a causa dell’operazione militare israeliana in corso nell’area. L’esercito israeliano ha fatto sapere che dalle 9 alle 16, ora locale, aprirà nuovamente un corridoio perché le persone possano spostarsi in sicurezza verso, e che interromperà le ostilità dalle 10 alle 14 nei quartieri di Al-Daraj and Al-Tuffah. A Gaza intanto sono morti nel corso dei combattimenti altri due soldati israeliani, rispettivamente di 21 e 27 anni: il totale delle vittime delle vittime dell’operazione di terra dell’Idf sale così a quota 46.

I raid in Cisgiordania e la rabbia di Re Abdallah

Nel corso della notte l’esercito israeliano ha condotto intanto una nuova operazione militare nel campo profughi della città di Tulkarem, nel nord della Cisgiordania: 6 le vittime accertate, secondo quanto riporta l’agenzia palestinese Wafa, mentre altre 3 persone – sempre ventenni – sarebbero stati uccise in un attacco con un drone ieri sera sempre a Tulkarem. Il dilagare della guerra a Gaza e in Cisgiordania fa infuriare i leader arabi, e ieri sera il re di Giordania ha lanciato un nuovo monito a Israele. Qualsiasi scenario che includa la rioccupazione di parti di Gaza peggiorerà la crisi, ha detto Abdullah, aggiungendo che le continue «violazioni» israeliane in Cisgiordania e Gerusalemme potrebbero «spingere la regione verso un’esplosione». In un incontro con esponenti politici giordani, tra cui ex primi ministri e il presidente del Senato, Abdallah ha affermato che Gaza non deve essere separata dal resto dei territori palestinesi e ha chiesto la fine della guerra e la ripresa di un processo politico che porti alla nascita di uno Stato palestinese. «Qualsiasi altro percorso finirà con un fallimento e porterà a ulteriori cicli di violenza e distruzione», ha aggiunto il re di Giordania.

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