Processo Saman Abbas, la procura chiede l’ergastolo per i genitori, trent’anni a zio e cugini

Nella requisitoria emerge un quadro impietoso della famiglia, vista come un clan e senza alcuna pietà

Ergastolo con due anni di isolamento diurno per il padre di Saman Abbas, Shabbar Abbas e la madre Nazia Shaheen. Trent’anni per lo zio Danish Hasnain e i cugini Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz. Queste le richieste di condanna della Procura di Reggio Emilia per gli imputati nel processo. Le ha formulate la pm Laura Galli, al termine della requisitoria dell’accusa, iniziata alle 9.30 del mattino e conclusa alle 19.30. Nella discussione finale esce un quadro impietoso della famiglia della giovane. La madre «glaciale, lucida e malvagia». Il fratello «vittima dello stesso sistema», la famiglia come «un clan» criminale che per lei «non ha avuto un gesto di pietà». La giovane viveva in un contesto familiare di «repressione, autoritarismo, soffocamento di ogni desiderio di autonomia». Così nelle sua requisitoria, nell’udienza del 17 novembre, il procuratore di Reggio Emilia Gaetano Paci ha sintetizzato la vicenda di Saman Abbas, la giovane di origine pakistana scomparsa a Novellara, nel Reggiano, e del cui omicidio sono accusati di omicidio il padre della giovane, Shabbar Abbas e altri quattro familiari. Nella fase di chiusura del processo, il procuratore ha ricostruito la vicenda e indicato negli imputati, padre, madre zio e due cugini della vittima, i responsabili dell’omicidio: «In questo processo non c’è la prova regina, del momento in cui viene uccisa e seppellita, ma una pluralità di elementi di prova oggettivi, di varia fonte e provenienza». Come anticipato nei giorni scorsi, il padre di Saman – che ha già parlato in aula lo scorso 3 novembre – ha chiesto di essere ascoltato nuovamente per una dichiarazione spontanea. La Corte di assise di Reggio Emilia ha negato il permesso nell’immediato e ha acconsentito a dargli la parola solo alla fine di tutti gli interventi delle parti coinvolte.


La requisitoria del procuratore

Nella sua requisitoria il procuratore Paci ha sottolineato il contesto familiare soffocante in cui viveva Saman. «Nessuno dei protagonisti di questo processo, a cominciare dal padre, ha voluto degnare questa ragazza di una espressione di pietà, se non strumentale o capziosa, nessuno ha avuto un cedimento a un sentimento di umana pietà verso l’orrore, lo strazio che è stato compiuto a questa ragazza», ha detto in aula, «una vicenda terribile, di una tragicità immane con al centro il più aberrante e malvagio dei delitti, commesso dai genitori con la collaborazione di altri familiari». E ha evidenziato il contrasto tra la repressione che subiva in famiglia l’adolescente e il suo enorme desiderio di vita, di libertà. «L’enorme contrasto tra le proprie ragioni di vita e il sistema in cui è inserita fa di Saman una figura universale», ha proseguito il magistrato, «aveva una forza sovversiva che esercitava inconsapevolmente: voleva solo vivere la sua vita, camminare mano nella mano per le strade di Bologna, scambiarsi un bacio». Una ricerca di normalità che per la famiglia era niente meno di una «pazzia», per citare le parole della madre di Saman, perché «metteva in discussione l’onorabilità della famiglia».


L’omicidio

Il procuratore di Reggio Emilia si è soffermato sulle modalità dell’omicidio, quella buca scavata con badili compatibili con quelli trovati a casa dei familiari e utilizzati, secondo l’accusa, dallo zio Danish Hasnain e dai due cugini, Nomanhulaq Nomanhulaq e Ikram Ijaz. «Se lo scavo indiscutibilmente è stato fatto anche con quella pala e quella pala indiscutibilmente è stata trovata a casa dei tre imputati, questa è la firma dell’omicidio», ha ripetuto Paci, «non si è trattato di uno scavo improvvisato, ma ha tenuto conto delle dimensioni di chi doveva ospitare. La fossa era stata originariamente predisposta e preparata e quando il corpo era pronto per essere depositato ci si è accorti che doveva essere allargato». Il procuratore ha infine ricordato come la 18enne sia stata uccissa per asfissia, «con un gesto meccanico che ha portato alla rottura della parte sinistra dell’osso ioide. I periti hanno indicato come dinamica lo strangolamento o strozzamento, prediligendo la seconda ipotesi: una costrizione con le mani o con altre parti del corpo». E nelle ultime immagini della giovane, la madre avrebbe mantenuto una freddezza e glacialità che «non ha eguali». Paci spiega come «nel momento in cui il padre e la madre di Saman escono da casa con la ragazza, per l’ultima volta insieme, la madre – e sta descrivendo le immagini di sorveglianza della sera del 30 aprile 2021 – ferma l’azione del padre e si porta lei da sola davanti alla strada ghiaiata, tenendo il padre fuori dal fuoco delle telecamere».

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