Dalla poesia «Se domani non torno» all’urlo contro i «bravi ragazzi che uccidono». L’onda social anti-patriarcato dopo la morte di Giulia Cecchettin

Le parole diventate virali dell’attivista peruviana Cristina Torre Cáceres: «Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto»

«Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto. Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima». Il finale già scritto di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio a 22 anni, sta facendo rimbalzare sui social una poesia del 2011 attribuita all’attivista peruviana Cristina Torre Cáceres. Tra le innumerevoli condivisioni c’è anche quella della sorella Elena Cecchettin che tiene a sottolineare: «Io non starò mai zitta, non mi farete mai tacere». La poesia è una denuncia contro le diverse forme di violenza subite dalle donne in quanto tali. «Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l’alcool nel sangue», si legge nella poesia, il cui chiaro riferimento è ai pretesti spesso utilizzati per attenuare o giustificare una violenza di genere. Tra le righe c’è poi l’invito a «combattere» e a «urlare» affinché ogni donna «possa essere libera di volare più in alto di me e […] vivere senza paura proprio come ho vissuto io».


«È stato il vostro bravo ragazzo»

Non solo la poesia di Cáceres. A dominare parte del racconto sui social del femminicidio di Cecchettin è anche la condivisione della frase: «È stato il vostro bravo ragazzo». Anche qui a dare il via è stata la sorella della studentessa 22enne, che su Instagram ha rilanciato il post della scrittrice femminista Valeria Fonte. Filippo Turetta, accusato di essere il responsabile della morte della sua ex fidanzata, è stato descritto dall’avvocato della sua famiglia come «un ragazzo buono che amava questa ragazza, mai stato aggressivo e da cui ci si poteva aspettare di tutto tranne che un gesto di violenza. Le faceva i biscotti…». Parole che accompagnano quelle dei giorni scorsi dei genitori del 22enne, secondo cui Filippo «non ha mai fatto male a una mosca».


«Sono stati educati tutti allo stesso modo»

Una descrizione che fa eco a quella di tante altre relative a uomini accusati o condannati di femminicidio. Una narrazione che parte dei social e femministe e femministi vogliono ribaltare. «Per una settimana abbiamo controllato le notizie per avere novità su Giulia Cecchettin. Ma no, non ci aspettavamo un lieto fine: quello non ce lo aspettiamo mai quando ci sono ex o fidanzati in mezzo. Perché abbiamo imparato bene che dei bravi ragazzi non c’è da fidarsi», scrive sui social la divulgatrice Carlotta Vagnoli, nota per le sue battaglie contro la violenza di genere e più volte ripresa da Elena Cecchettin in questi giorni. «Izzo, Ghira, Guido, Turetta, Impagniatiello e tutti gli altri sono stati educati nello stesso modo in cui vengono educati tutti. E nessuno sembra preoccuparsene». Infine, chiosa: «Prevedibile dalla descrizione di quel bravo ragazzo, troppo bravo: non farebbe male neanche a una mosca. Certo, a una mosca no. Ma a una donna, beh, quella è tutta un’altra questione».

Il testo integrale della poesia di Cáceres

Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.

Se non ti dico che vengo a cena. Se domani, il taxi non appare.

Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in una borsa nera.

Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia.

Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata.

Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata.

Mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata.

Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, l’alcool nel sangue.

Ti diranno che era giusto, che ero da sola.

Che il mio ex psicopatico avesse delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.

Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.

Lo giuro, mamma, sono morta combattendo.

Lo giuro, mia cara mamma, ho urlato forte così come volavo alto.

Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutti quelli che urleranno il mio nome.

Perché lo so, mamma, non ti fermerai.

Ma, per quello che vuoi di più, non legare mia sorella.

Non rinchiudere le mie cugine, non privare le tue nipoti.

Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.

Sono loro, saranno sempre loro.

Combatti per le loro ali, quelle ali che mi tagliarono.

Combatti per loro, che possano essere libere di volare più in alto di me.

Combatti per urlare più forte di me.

Possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.

Mamma, non piangere le mie ceneri.

Se domani sono io, mamma, se non torno domani, distruggi tutto.

Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima

Cristina Torre Cáceres, 2011

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