Tetto al reddito, sconto del 60% e stop alla cessione del credito: tutte le novità del Superbonus allo studio del governo

La misura sarà finanziata con 1,38 miliardi ricavati dalla revisione del Pnrr. L’obiettivo: «Superare criticità e distorsioni»

Niente cessione del credito, niente sconto in fattura e soprattutto niente più logica del «110%». Archiviata una volta per tutte l’esperienza del Superbonus, per affrontare il tema dell’efficientamento energetico degli edifici il governo si affida ai fondi del Pnrr. Un tesoretto da un miliardo e 380 milioni di euro, ricavati dalla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza recentemente approvato dalla Commissione europea. Il nuovo Superbonus su cui è al lavoro l’esecutivo, scrive oggi il Corriere della Sera, prevede un meccanismo diverso rispetto al passato ed è pensato proprio per «superare le criticità e le distorsioni» generate dal Superbonus 110%, introdotto nel maggio 2020 dal governo Conte II. Nel 2022, la misura è stata bocciata dalla Corte dei conti e si stima che, a ottobre 2023, il costo del Superbonus 110% abbia superato complessivamente i 92 miliardi di euro.


Cosa cambia dal 2025

Ma quali sono le novità su cui è al lavoro il governo? Innanzitutto, cambiano i destinatari. Un terzo delle risorse, 460 milioni di euro, sarà infatti messo a disposizione delle famiglie sotto una certa soglia Isee ancora da identificare. Dal 2024, le detrazioni per i lavori di efficientamento energetico scenderanno al 70%, per abbassarsi poi al 60% a partire dal 2025. Entro la metà del prossimo anno, scrive ancora il Corriere, l’esecutivo dovrà individuare un meccanismo finanziario e selezionare un «partner operativo» incaricato di gestire le risorse. Ciò che appare certo è che d’ora in poi saranno solamente le Esco – ossia le società energetiche – a effettuare i lavori. Ed è direttamente a loro che andranno le risorse stanziate dal governo, sotto forma di garanzie, prestiti o tassi agevolati.


Gli obiettivi europei e la direttiva «Case Green»

L’obiettivo a medio e lungo termine resta come sempre la riduzione dei consumi energetici e l’efficientamento del patrimonio edilizio del Paese. La prossima settimana, infatti, il Parlamento Europeo sarà chiamato a esprimere la sua posizione definitiva sulla cosiddetta «Direttiva Case Green», che obbliga gli Stati membri a intervenire sugli immobili meno performanti dal punto di vista energetico. Il testo che sarà votato all’Eurocamera prevede vincoli molto più morbidi rispetto alla versione originale. Per l’Italia, però, la strada resta in salita. Secondo gli ultimi dati a disposizione, il 60% degli edifici residenziali rientrano nelle due classi energetiche con le performance più basse (G e F). In termini assoluti, si tratta di circa 12,5 milioni di abitazioni da ristrutturare.

Credits foto: ANSA/Daniel Dal Zennaro | Operai edili al lavoro a Milano (6 settembre 2023)

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