Cambiamento climatico, il direttore del programma Ue Copernicus: «Ecco perché su Cop28 ho aspettative basse» – L’intervista

Le parole del direttore del servizio cambiamento climatico di Copernicus Carlo Buontempo a pochi giorni dalla conferenza Onu di Dubai: «Speravo che potesse essere un’opportunità per i Paesi produttori di petrolio ma non vedo segnali incoraggianti»

Domani, 30 novembre, a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, si apre infatti la Cop28, la ventottesima edizione della riunione annuale a cui partecipano tutti i Paesi che hanno ratificato la convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici. Tra assenze inaspettate (a partire da quella del presidente americano Joe Biden) e polemiche sul Paese ospitante, la conferenza inizia con aspettative ancora più basse del solito. «Penso che sarà l’ennesima conferenza a cui non si arriverà a un accordo sulle emissioni, perciò non mi aspetto grandi risultati», confessa a Open Carlo Buontempo, direttore del servizio cambiamento climatico del programma europeo Copernicus. Ci sarà anche lui nei prossimi giorni a Dubai per la Cop28, non per partecipare in prima persona ai negoziati ma per portare dentro i padiglioni della conferenza i dati e le osservazioni di Copernicus.


Il 17 e 18 novembre, secondo i dati di Copernicus, abbiamo superato per la prima volta i 2°C di riscaldamento globale rispetto al periodo preindustriale. Dobbiamo già considerare perso l’obiettivo degli 1,5°C degli Accordi di Parigi?


«È vero, per la prima volta abbiamo superato questa soglia dei 2°C rispetto al periodo preindustriale, ma si tratta di un dato giornaliero. Il dato a cui si riferiscono gli Accordi di Parigi è mediato su vent’anni o più, quindi si tratta di due cose diverse. Detto questo, è vero che ci stiamo avvicinando a superare settimanalmente, mensilmente o anche annualmente questa soglia degli 1,5°C. Non penso che ci siano molti scienziati che si occupano di clima che pensano che si possa stare perennemente sotto il grado e mezzo di riscaldamento. Noi al momento pensiamo che questa soglia si supererà intorno al 2034-2035 e non c’è molto che possiamo fare per evitarlo. La vera discussione è un’altra: una volta che abbiamo superato questa soglia riusciremo a tornare al di sotto nei decenni successivi? La risposta dipende in buona parte dalla nostra capacità di decarbonizzare e arrivare alle emissioni zero il prima possibile».

Negli ultimi anni, l’Unione Europea si è imposta a livello internazionale per le politiche più ambiziose sul clima. Come valuta l’azione intrapresa finora e su cosa c’è ancora da lavorare?

«Sulle politiche per il clima l’Europa si è mossa in modo repentino e organizzato su tutti i fronti: mitigazione, adattamento e anche osservazione. Copernicus è un programma unico al mondo da questo punto di vista. Allo stesso tempo, l’Europa non si è mossa abbastanza. Se lo scopo è di arrivare alle emissioni zero, lo sforzo è lodevole ma non è sufficiente. C’è molto da fare e ogni anno che passa il gioco diventa più complicato. Non sta a me dire cosa fare ai politici, ma la fisica è chiara: per stabilizzare la temperatura dobbiamo arrivare alle emissioni zero. E più andiamo avanti ad aggiungere gas a effetto serra nell’atmosfera, tanto più verticale sarà il profilo di decrescita necessario per mantenerci sotto alle soglie a cui facevamo riferimento».

Teme che con un cambio di maggioranza alle prossime elezioni europee si possano fare passi indietro sulle politiche per il clima?

«Siamo noi cittadini ad avere in mano il nostro futuro. Sta a noi scegliere i politici che ci rappresentano di più in base alle sfide che percepiamo come prioritarie. Io penso che questa del clima sia non solo la priorità, ma la sfida più grande che l’umanità abbia mai dovuto affrontare. Come cittadino cercherò quindi di votare in una direzione consona a questi miei interessi personali. Dopodiché, ognuno è responsabile per le proprie scelte. Noi lavoreremo con qualsiasi governo e maggioranza».

L’Europa è anche il continente che si sta scaldando più velocemente. Perché questo avviene?

«Negli ultimi 30 anni, Europa si è scaldata a un ritmo quasi doppio rispetto al resto del mondo. Purtroppo, come spesso accade per il clima, non abbiamo una spiegazione semplice. Ci sono diversi fenomeni che possono aver contribuito. Dentro il dominio europeo, per esempio, c’è una buona parte dell’Oceano Artico, che ha perso moltissimo ghiaccio polare. Poi c’è la perdita di neve e ghiaccio sulle Alpi e sui Pirenei e la diminuzione in generale dei giorni di neve in tutta Europa. Poi c’è da tenere conto della siccità e dell’inaridimento della parte meridionale del continente. Questi sono sicuramente alcuni dei fattori che possono aver giocato un ruolo nel rendere l’Europa il continente che, a eccezione dell’Artico, si scalda più velocemente».

Domani inizia Cop28 a Dubai. Si sente ottimista?

«Credo che non ci sia molta gente ottimista rispetto a questa Cop. Penso che sarà l’ennesima conferenza a cui non si arriverà a un accordo sulle emissioni, perciò non mi aspetto grandi risultati. I passi che abbiamo fatto dagli Accordi di Parigi a oggi, considerando le dimensioni del problema, sono stati abbastanza piccoli».

Il presidente di Cop28, Sultan Al-Jaber, è anche direttore di un colosso dei combustibili fossili. Questo contribuisce a far perdere credibilità all’intera conferenza?

«Non ho un’opinione forte in merito. Quando è stato annunciato che Cop28 si sarebbe svolta a Dubai, ho pensato il contrario: che potesse essere una grande opportunità per i Paesi produttori di petrolio di mostrare un cambio di priorità a livello di investimenti. Al momento però i segnali che vediamo non sono particolarmente incoraggianti».

In copertina: Elaborazione grafica di Vincenzo Monaco

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