Alessandro Venturelli, fuori casa da tre anni e gli errori nelle indagini. La mamma Roberta: «Cerco mio figlio in tutta Europa. È vivo e in trappola»

La donna cerca con il marito Roberto il 21enne scomparso da Sassuolo: «La vicenda della povera Giulia Cecchettin ci insegna che bisogna agire tempestivamente»

Roberta Carassai e il marito Roberto lo cercano da anni. Il loro figlio, Alessio Venturelli, 21enne, sembra svanito nel nulla. «Ne sono certa, lui è vivo ma trattenuto da qualche parte contro la sua volontà», dichiara oggi la donna al Corriere della Sera. Roberta denuncia come dopo la scomparsa del giovane le indagini siano al palo. Anzi, a parte verificare qualche segnalazione, è come se non fossero mai partite. Questo perché sul giovane per mesi è stato ipotizzato un allontanamento volontario. «Ed è stato il primo grande errore. Da subito noi abbiamo detto del malessere di mio figlio, delle sue paure, che dormiva con me e riusciva solo a piangere. Era chiaro che c’era qualcosa che non andava. Ma loro l’hanno subito derubricato in allontanamento volontario. Non c’è stato un posto di blocco, non hanno visionato telecamere che magari possono aver ripreso Alessandro e chi ha incontrato», spiega.


Il lavoro in una ditta di macchinette poi il baratro

Alessio Venturelli era un ragazzo sereno. Aveva trovato impiego in una ditta che vendeva, porta a porta, macchinette per il caffè. Dopo appena una settimana di lavoro però si licenzia. «Da quel momento non è stato più lo stesso – racconta la madre – era turbato, dormiva con me, piangeva. Diceva di sentirsi manipolato. Con chi aveva a che fare sul lavoro? Chi ha incontrato? Poi dopo dieci giorni la ditta ha chiuso. Perché nessuno ha indagato?». Solo dopo 4 mesi dalla scomparsa di Alessio Venturelli è stato aperto un fascicolo per sequestro. «Il telefono che Alessandro ha lasciato a casa lo hanno visionato dopo 4 mesi – sottolinea – quando io lo avevo usato per cercare di capire cosa c’era dentro. Per non dire che il pm che ha il fascicolo non mi ha mai ascoltata. L’unica cosa che vogliono fare è archiviare. Ci hanno provato una volta ed ora ci stanno tentando ancora». I genitori hanno provato a cercarlo anche in Olanda. «Perché sul telefono abbiamo visto che lui aveva fatto ricerche su una località e gli erano arrivate anche le coordinate. Con mio marito ci siamo stati tre volte, l’ultima in aprile. Ho chiesto aiuto alla polizia olandese e all’ambasciata, ma lì ho scoperto che non potevano fare nulla perché non c’è un ordine di indagine europeo, che sarebbe dovuto arrivare dall’Italia. E così le indagini le abbiamo dovute fare noi: negli ostelli, nei centri tipo Caritas, parlando con la gente del posto. Affrontando spese non indifferenti», racconta la donna. Roberta Carrassai non ha mai perso le speranze: «Per niente, anche se in alcuni momenti credo di impazzire. Sono tre anni che non vado in centro a Sassuolo perché non voglio vedere nessuno. Abbiamo ripreso a lavorare (Roberta è tecnico di laboratorio in ospedale, il marito lavora in Maserati, ndr) ma la nostra non è più vita».


L’importanza di agire subito

«La vicenda della povera Giulia (Cecchettin) mi ha spezzato il cuore, tanto che ho mandato un messaggio al papà. Ma anche quella vicenda ci dice che bisogna agire tempestivamente. Parlare di allontanamento volontario – sottolinea al Corriere mamma Roberta – spesso serve solo a lavarsene le mani. Anche per Giulia all’inizio parlarono di un allontanamento e anche in quel caso la differenza poi l’hanno fatta le immagini delle telecamere. Proprio quello che io chiedo da tre anni».

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