Sgarbi contro Report, in bilico il servizio Rai sul presunto quadro rubato: «Mi accusano di furto manco fossi Diabolik»

Il sottosegretario ha fatto recapitare una diffida alla messa in onda dell’inchiesta. Ma il programma tira dritto: «Vuole bloccarla perché sgradita»

Vittorio Sgarbi diffida Report da mandare in onda questa sera, domenica 17 dicembre, l’inchiesta realizzata con Il Fatto Quotidiano sulla tela seicentesca La cattura di San Pietro di Rutilio Manetti. A riferirlo è lo stesso giornale diretto da Marco Travaglio. Al momento, l’opera appartiene al sottosegretario alla Cultura, che ha dichiarato di averla trovata impolverata e malconcia nel corso dei lavori di restauro di Villa Maidalchina a Viterbo. Ma secondo la trasmissione e il quotidiano, sarebbe stata acquisita illegalmente: rubata nel 2013 dal castello di Buriasco in Piemonte. A denunciare il furto fu la proprietaria della struttura, Margherita Buzio, la quale dichiarò che i ladri l’avevano presa ritagliandola dalla cornice e sostituendola con una foto. Successivamente, il dipinto è ricomparso. Sempre in un castello, ma di Brescia. Chi lo rivela alla trasmissione è il restauratore Gianfranco Mingardi che più volte ha lavorato con Sgarbi. E spiega che fu lui stesso a consegnare a quest’ultimo la tela, tramite Paolo Bocedi, presidente dell’associazione Sos imprese Italia. A sua volta, Bocedi ha diffidato il programma perché nell’inchiesta pare ci siano i suoi dati personali.


La diffida

Ecco perché Sgarbi ha fatto pervenire alla Rai la diffida, tramite una pec a firma del suo avvocato Giampaolo Cicconi. L’accusa, riporta Il Fatto, è quella di violazione del segreto istruttorio. Secondo il sottosegretario inoltre il servizio «potrebbe influenzare a scapito della presunzione d’innocenza, dell’equo processo e della tutela della privacy dell’imputato. Lo Stato è, perciò, obbligato ad adottare misure dissuasive e restrizioni alla libertà di stampa per tutelare questi diritti fondamentali». Ma né Report Il Fatto ci stanno: «L’inchiesta non viola alcun segreto istruttorio, ma rivela semmai fatti sgraditi a chi segreti vorrebbe tenerli».


La replica di Sgarbi

Dal canto suo, Sgarbi tira dritto. «Questi raccontano cose che non esistono, che sono pura fantasia, basandosi su falsità, mi accusano di furto manco fossi Diabolik», dichiara indignato al Corriere della Sera. «Se vi fosse un’inchiesta in corso – e a dirlo sono proprio loro – starebbero violando il segreto d’ufficio. O comunque il mio diritto alla riservatezza, visto che mi hanno intervistato e non ho dato la liberatoria». Infine, smentisce ogni accusa puntando il dito contro l’attendibilità di Mingardi: «Ha lavorato per mia madre, sbagliò un lavoro ma pretendeva molti soldi che non gli furono pagati, da allora cova vendetta. Peraltro lavorava senza mai preventivo, per non pagare le tasse. Il quadro del Manetti lo affidai ad un altro restauratore di fiducia ed è diverso a occhio nudo da quella crosta che sarebbe stata rubata». 

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