Alexei Navalny è vivo, ma è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza nell’Artico

Dell’attivista si erano perse le tracce a inizio dicembre, mentre si trovava nel carcere di Melekhovo. Ora la notizia del crudele spostamento

L’attivista russo Alexei Navalny, è stato trasferito in una colonia penale nell’Artico Russo. L’oppositore del presidente della Russia Vladimir Putin era scomparso dagli elenchi carcerari della prigione di massima sicurezza di Melekhovo – a 235 chilometri da Mosca – lo scorso 11 dicembre. Anche la sua famiglia denunciava di averne perso le tracce. Ora si trova nell’istituto carcerario IK numero 3 di Kharp, nella regione di Yamal-Nenets, a 1,900 chilometri dalla capitale Mosca. A renderlo noto è la portavoce dell’attivista e blogger – Kira Yarmysh – facendo sapere che Navalny si è incontrato oggi, 25 dicembre, con il proprio avvocato, Ivan Zhdanov e sta «bene». La struttura è una colonia a regime speciale, il massimo grado di sicurezza e brutalità delle prigioni russe. «Mille grazie ai nostri sostenitori, attivisti, giornalisti e media che sono preoccupati per la sorte di Alexei e che non si stancano di scrivere sulla situazione», ha dichiarato il legale, citato da Reuters.


La condanna

Alexei Navalny sta scontando una condanna a 19 anni di carcere per «estremismo» in una struttura oltre il circolo polare artico, normalmente riservata ad ergastolani e prigionieri particolarmente pericolosi. «Fin dall’inizio è stato chiaro che le autorità volevano isolare Alexei, in particolare prima delle elezioni presidenziali previste per il marzo 2024», ha commentato Ivan Jdanov, uno dei suoi più stretti collaboratori, su X. I trasferimenti da una colonia carceraria all’altra in Russia possono essere particolarmente lunghi e sovente comportano diverse settimane di viaggio in treno con diversi scali. Periodi nei quali le famiglie dei detenuti non hanno notizie dei loro cari. L’assenza di aggiornamenti sul leader dell’opposizione aveva destato preoccupazione in diverse capitali occidentali e all’Onu.


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