Gaza, la tregua resta un miraggio. Hamas rigetta il piano dell’Egitto, Netanyahu vuole guerra «sempre più intensa». 129 morti palestinesi a Natale

Salito a 106 il bilancio del raid notturno sul campo profughi di Al-Maghazi. Le truppe dell’Idf in avanzata nel centro della Striscia

Resta drammaticamente lontana, nonostante gli accorati appelli di Natale di Papa Francesco, la prospettiva di una cessazione delle ostilità, anche solo temporanea, in Medio Oriente. Hamas e la Jihad islamica avrebbero infatti respinto un nuovo piano per far tacere le armi e arrivare a un cessate il fuoco permanente: quello presentato nei giorni scorsi dall’Egitto. Lo riporta l’agenzia Reuters citando fonti del Cairo, e lo conferma anche Gaza Report. Il documento sottoposto alle parti belligeranti dai mediatori egiziani, con il sostegno anche del Qatar, prevedeva infatti non solo un nuovo scambio di prigionieri – a cominciare da 40 ostaggi israeliani in cambio di 120 detenuto palestinesi – ma anche un progetto per la futura governance della Striscia di Gaza, che avrebbe visto le organizzazioni islamiste attualmente al potere di fatto estromesse. Non v’è peraltro alcun indizio concreto che la proposta trovasse gradimento presso l’altra parte belligerante, Israele. Anzi. Oggi il primo ministro Benjamin Netanyahu ha ribadito a un incontro del suo partito, il Likud, che la guerra a Gaza continuerà sino al raggiungimento degli obiettivi, e che la sua fine non è pertanto neanche lontanamente vicina. «Giornali e tv dicono che ci fermeremo. Lo dicevano anche dopo il primo accordo di liberazione degli ostaggi, e abbiamo proseguito», ha rivendicato Netanyahu. «Quindi non ci fermeremo, continueremo a combattere, e anzi intensificheremo i combattimenti nei prossimi giorni. Sarà una lotta dura, di cui la fine non è vicina. Abbiamo bisogno di pazienza, coesione, unità e solidità in quest’azione».


Natale di morte nella Striscia

Le ultime dal fronte, in effetti, raccontano di una guerra forse mai distruttiva come in queste ultime ore. Un bombardamento israeliano lanciato ieri sera sul quartiere/campo profughi di Al-Maghazi, nel centro della Striscia di Gaza, avrebbe causato la morte di 106 persone secondo fonti mediche palestinesi: il bilancio di circa 70 vittime è stato rivisto nel corso della giornata, facendo del raid uno dei più letali dall’inizio della guerra. Un portavoce del ministero della Sanità di Gaza, controllato da Hamas, ha accusato Israele di aver «compiuto un massacro in un’area residenziale densamente popolata». L’esercito dello Stato ebraico dice che l’accaduto è al momento oggetto di verifiche, ribadendo di essere sempre impegnato al rispetto del diritto internazionale e a prendere «le misure fattibili per minimizzare i danni per i civili». Dopo il raid aereo, all’alba di questa mattina l’esercito israeliano sarebbe poi entrato anche con le truppe nei campi profughi del centro della Striscia, secondo quanto riferito alla Knesset da un membro del gabinetto di guerra israeliano, il leader del partito ortodosso Shas Arie Deri. «Nel nord della Striscia più o meno abbiamo conseguito un’affermazione militare. Nel sud si trovano molte forze dell’esercito. Adesso possiamo dire dunque che Tsahal si trova in tutta la Striscia». Sempre oggi, 25 dicembre, un altro attacco aereo su Khan Younis avrebbe poi ucciso secondo fonti palestinesi altre 23 persone. Il totale delle vittime nel giorno di Natale si attesta così sul fronte di Gaza ad almeno 129.


Razzi dal Libano, suonano le sirene nel nord di Israele

Resta alta la tensione infine anche al confine nord di Israele: diversi razzi sono stati lanciati oggi dal territorio libanese, dove operano le milizie di Hezbollah, facendo suonare ripetutamente le sirene di allarme e provocando danni a edifici ma nessun ferito (larga parte dei villaggi di confine sono stati da settimane evacuati per precauzione).

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