Alimenti banditi dai supermercati, scambio di accuse tra produttori e distributori. Chi decide l’aumento dei prezzi?

Dopo Carrefour, anche Leclerc ha lanciato un appello agli altri colossi della grande distribuzione per boicottare i fornitori che aumentano eccessivamente i prezzi dei propri prodotti. Cosa sta succedendo

Inflazione o speculazione? Di fronte ai continui rincari dei beni alimentari, lo scontro tra Carrefour e Pepsi ha riportato a galla le tensioni tra grande distribuzione e industria. La scorsa settimana, il colosso francese ha messo al bando tutti i prodotti della multinazionale americana nei propri supermercati, con tanto di cartello esplicativo: «Non vendiamo più questo prodotto a causa di aumenti di prezzo inaccettabili». Una vera e propria dichiarazione di guerra, attraverso cui Carrefour sembra voler lanciare un messaggio molto chiaro ai propri clienti: se i prezzi aumentano, la colpa non è nostra. Nel caso di PepsiCo, è stato un semplice aumento della domanda a spingere l’azienda ad aumentare il prezzo dei propri prodotti e rivedere al rialzo (per ben tre volte in un anno) le sue prospettive di profitto. Nessuna inflazione, dunque. Piuttosto, una semplice strategia aziendale, che alcuni supermercati non sembrano più disposti a tollerare. Dopo Carrefour, anche Leclerc – la più grande catena francese di supermercati – ha lanciato un appello agli altri colossi della grande distribuzione per boicottare i fornitori che aumentano eccessivamente i prezzi dei propri prodotti.


La «doppia velocità» dei prezzi

Secondo l’ultimo rapporto Istat sull’indice dei prezzi al consumo, nel 2023 i prezzi del comparto alimentare sono cresciuti del 9,8% rispetto all’anno precedente. Nel 2022, la crescita era stata dell’8,8% e si spiegava soprattutto con la crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina. Da allora, le bollette di luce e gas sono scese notevolmente, ma il costo del carrello della spesa è continuato a salire. Come si spiega? Secondo Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori, ci troviamo di fronte al «problema della doppia velocità», in cui i prezzi sono molto più lenti a scendere che non a salire. «Ora che i prezzi dell’energia si sono abbassati, anche se sono ancora lontani dai tempi pre-crisi, bisogna che tutti i soggetti della filiera, a cominciare dai produttori, abbassino i loro listini», commenta Dona. Sandro Castaldo, professore di Economia all’Università Bocconi di Milano, ha un’opinione diversa. «C’è un effetto inerzia, soprattutto con l’energia – spiega l’esperto -. Anche se i prezzi di luce e gas in questo momento sono più bassi, quel prezzo non è indicativo dei prodotti che vediamo ora sugli scaffali del supermercato».


Il ruolo della grande distribuzione e la «shrinkflation»

Il docente della Bocconi ammette che «in alcuni casi ci possono essere comportamenti opportunistici da parte dei produttori» ed esclude che siano le aziende della grande distribuzione le responsabili dei continui rincari. «Il livello di competizione tra i supermercati – aggiunge Castaldo – è tale che tutti cercano di attrarre il cliente facendo leva sul prezzo. Nessun distributore oggi aumenterebbe senza motivo i prezzi. Anzi, spesso fanno il contrario, come testimonia la crescita dei discount». Come dimostra il caso Pepsi, quando un fornitore applica un aumento di prezzo eccessivo il supermercato può rifiutarsi di comprarlo. E infatti non è la prima volta che accade. Nel 1984, per esempio, la guerra commerciale tra le famiglie Barilla e Caprotti fece sparire i prodotti del colosso emiliano dai supermercati Esselunga per ben cinque anni. A guardare con favore alla dura presa di posizione di Carrefour è l’Unione Nazionale Consumatori. «Perché no? Se le grandi catene si muovessero tutte nella stessa direzione potrebbero contribuire a scoraggiare le speculazioni», spiega Massimiliano Dona. Eppure, anche i supermercati hanno qualcosa da rimproverarsi. «La grande distribuzione dovrebbe vigilare di più sull’inflazione nascosta», fa notare Castaldo. Il riferimento è alla cosiddetta shrinkflation, un fenomeno che consiste nel ridurre le dimensioni della confezione di un prodotto lasciando inalterato il prezzo. In questo modo, il consumatore non sempre si accorge dei rincari. Alcuni supermercati (soprattuto francesi) hanno avviato attente campagne di sensibilizzazione verso i consumatori, mentre altri hanno prestato poca attenzione al tema.

Il flop del «Trimestre anti-inflazione» (e le altre soluzioni possibili)

ANSA/Filippo Attili | La firma a Palazzo Chigi del patto sul trimestre anti-inflazione. Da sinistra: Benedetto Mineo (Garante dei Prezzi), il ministro Francesco Lollobrigida, il ministro Adolfo Urso e la premier Giorgia Meloni

Per cercare di frenare i rincari sugli alimenti e i beni di prima necessità, lo scorso settembre il governo ha inaugurato il «Trimestre anti-inflazione». Si tratta di un’iniziativa attraverso cui l’esecutivo ha raggiunto un accordo per bloccare il prezzo di alcuni prodotti di largo consumo da ottobre a dicembre. Nelle intenzioni del governo, questa misura avrebbe dovuto difendere il potere d’acquisto degli italiani, ma nei fatti non ha intaccato l’aumento dei prezzi dei generi alimentari. Il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori definisce il Trimestre anti-inflazione «una pagliacciata», mentre Castaldo osserva che «ha funzionato bene a livello di comunicazione, ma non ha avuto conseguenze concrete». Secondo il docente della Bocconi, la soluzione migliore è affidarsi alla mano libera del mercato: «Bisogna garantire che la competizione continui a funzionare. È il miglior modo per frenare l’inflazione», osserva Castaldo. Secondo il suo ragionamento, la discesa dei prezzi dell’energia convincerà un produttore a farsi avanti e abbassare i prezzi dei propri prodotti. A questo punto, spinte dalla competizione, anche altre aziende saranno costrette a seguire a ruota. Massimiliano Dona suggerisce invece una strada diversa e sottolinea la necessità di stringere «accordi di filiera per ridurre il prezzo, prodotto per prodotto, con impegni precisi ad ogni passaggio, dal campo alla tavola». A questo vanno aggiunte poi le liberalizzazioni, chieste a gran voce da alcune associazioni negli scorsi mesi ma snobbate dal governo. «La legge sulla concorrenza – attacca Dona – appena varata non prevede nulla a favore dei consumatori, salvo una cosa sulla telefonia. Basti pensare che in Italia puoi vendere un chilo di pasta a 1 milione di euro senza incorrere in sanzioni, ma sei multato se la vendi sottocosto senza avvisare il sindaco».

Foto di copertina: ANSA/Tino Romano | Un supermercato di Torino che ha aderito al “Trimestre anti-inflazione” del governo (1 ottobre 2023)

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