Biden e Netanyahu tornano a parlare dopo un mese, l’appello Usa sulla crisi dei civili a Gaza. La Casa Bianca insiste per la soluzione a due stati

Il premier israeliano appena ieri aveva ribadito di non accettare la creazione di uno Stato palestinese. Linea che il presidente Usa e la maggior parte della comunità internazionale continua a sostenere per una «pace duratura» in Medio Oriente

Distanze sempre più ampie tra Stati Uniti e Israele sulla soluzione della crisi a Gaza. Il presidente Usa Joe Biden ha avuto un colloquio di 40 minuti con il premier israeliano Benyamin Netanyahu, dopo l’ultima telefonata avvenuta lo scorso 23 dicembre. Netanyahu ha ribadito l’intenzione di raggiungere gli obietti della guerra, compreso il ritorno degli ostaggi catturati da Hamas. Biden ha discusso sulla riduzione della responsabilità di Israele perché riduca i danni contro i civili a Gaza, insistendo sull’obiettivo di una pace durevole e sulla soluzione a due stati per risolvere la crisi. Una posizione che ancora ieri, 18 gennaio, Netanyahu aveva rifiutato.


Italia pronta a una missione di pace Onu

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che l’Italia è pronta a inviare i militari in missione Onu a Gaza. «Gli oltre 1.000 militari italiani in Libano sono là per una missione dell’Onu. Qualora servisse a Gaza, in una fase di transizione, una missione di pace, – ha detto il vicepremier ai microfoni di Radio24 – noi siamo pronti a inviare i nostri militari con l’Onu come portatori di pace. Non c’è nessuna richiesta americana di allargare la missione libanese al riguardo». Il riferimento del ministro è al piano di pace rivelato ieri dal quotidiano inglese Financial Times, un’iniziativa portata avanti dai Paesi arabi in accordo con gli Stati Uniti e l’Europa che punta al riconoscimento di uno Stato palestinese e alla normalizzazione dei rapporti con Israele nella regione. Un’opzione che è stata presto respinta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ieri ha categoricamente escluso la creazione di uno Stato palestinese alla fine della guerra. Tajani ha lodato il piano sostenendo che «rispecchi la linea che seguiamo da sempre, quella di due popoli, due stati, del G7, dell’Ue».


Ucciso il portavoce della Jihad palestinese

Intanto sarebbe stato ucciso, «in un raid mirato» sulla Striscia di Gaza, Wael Abu-Fanounah, membro anziano del Jihad islamico e vice-responsabile delle operazioni psicologiche di guerra dell’organizzazione. Lo ha reso noto il portavoce dell’esercito israeliano: «Abu-Fanounah era il responsabile della pubblicazione dei video sugli attacchi con i razzi a Israele così come della creazione e della distribuzione dei documenti sugli ostaggi, diffusi, nell’ambito della guerra psicologica contro l’opinione pubblica israeliana, dalle organizzazioni terroristiche a Gaza», scrivono i media locali. Nel frattempo, sono ripresi oggi – venerdì, 19 gennaio – i bombardamenti israeliani nel sud del Libano dopo alcune ore di pausa. Lo riferiscono i media libanesi secondo cui sarebbero state colpite località a ridotto della linea del tra Israele e gli Hezbollah, alleati di Hamas e Iran.

Media palestinesi: «Uccisi 12 cittadini vicino all’ospedale di Gaza»

Nel 105esimo giorno di guerra «almeno 12 cittadini sono stati uccisi e altri sono rimasti feriti da un raid dell’aviazione israeliana su uno stabile residenziale vicino all’ospedale Shifa» a Gaza City. Lo ha reso noto l’agenzia palestinese Wafa. Secondo la stessa fonte nelle ultime ore «sono stati uccisi 77 cittadini e decine i feriti tra cui bambini e donne dal continuo bombardamento da parte degli aerei, dell’artiglieria e delle cannoniere navali dell’occupazione israeliana sulla Gaza Striscia».

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