Dalla bocciatura sotto il 6 alle sospensioni: torna il disegno di legge di Valditara sul voto in condotta. Ecco cosa cambia e perché non piace ai sindacati

Stralciato dalla riforma degli istituti tecnici, il ddl ora approda come proposta autonoma. Ecco i punti del testo e le modifiche che il ministro vuole introdurre

La riforma del voto in condotta voluta dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e stralciata dal disegno di legge della riforma degli istituti tecnici e professionali ora torna in auge come ddl autonomo (n.924 bis). Si tratta di una norma concepita con l’obiettivo dichiarato dal ministro leghista di «ripristinare la cultura del rispetto» tra le mura scolastiche, in risposta alle sempre più frequenti aggressioni ai danni dei docenti e di comportamenti scorretti e bullizzanti da parte degli alunni. Il ddl, infatti, agisce rendendo il sistema di valutazione del comportamento più ferreo e rigoroso al fine di – si legge nel testo – «rimettere al centro il principio della responsabilità, restituire piena serenità al contesto lavo­rativo degli insegnanti e del personale scola­stico, nonché al percorso formativo degli studenti». In questi giorni, la Commissione Cultura del Senato ha fatto una serie di audizioni con i sindacati per avere un parere in merito. Tra queste, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Ugl, Snals, Gilda, Anief e Usb Scuola, che si dicono – chi più e chi meno – vicini agli obiettivi del ministro, ma lontani nelle modalità di azione.


Cosa prevede il ddl

Come cambia il voto in condotta e la bocciatura

Stando a quanto si legge nel testo, gli studenti delle scuole medie e superiori che riceveranno un voto inferiore a sei decimi saranno automaticamente bocciati o non ammessi all’esame di Stato. Qualora il voto fosse pari a sei, il Consiglio di classe – nel corso dello scrutinio finale – dovrà sospendere il giudizio relativo alla promozione dell’allievo e assegnargli un compito: un elaborato critico in materia di cittadinanza attiva da trattare poi nel corso dell’esame di Stato. Se l’alunno non dovesse presentare l’elaborato o il voto dello stesso risultasse insufficiente, subentra la bocciatura. Infine, le modifiche prevedono che l’attribuzione del voto in condotta sotto il sei avvenga anche sulla base di violazioni del regolamento di istituto e non, come previsto dalla normativa attualmente in vigore, a seguito di gravi reati.


Le sospensioni

La norma interviene anche sulle sospensioni degli studenti. Il regolamento attuale, datato 1998, prevede che gli allievi possano essere allontanati dalla scuola per un massimo di 15 giorni e solo in caso di gravi o reiterate violazioni. È noto che Valditara, come da lui stesso sottolineato in più occasioni, non nutra particolare simpatia per questo tipo di azione disciplinare. «Se un allievo si comporta da bullo ha bisogno di più scuola e non meno scuola», ha detto nei mesi scorsi. Per questo, il ddl prevede che in caso di allontanamento dalla scuola fino a 2 giorni, lo studente venga coinvolto in attività di approfondimento sulle conseguenze dei comportamenti che lo hanno portato al provvedimento disciplinare. In caso di sospensione superiore a due giorni, invece, deve partecipare ad «attività di cittadinanza solidale» all’interno di strutture convenzionate con la scuola e individuate da elenchi del ministero dell’Istruzione. Il Consiglio di classe potrà valutare di far continuare queste attività anche dopo il rientro in classe dell’allievo.

Cosa dicono i sindacati

Se gli obiettivi e le premesse del ddl sono condivisi da tutti i sindacati, le modalità per realizzarli trovano pareri discordanti, seppur propositivi. «Fermo restando che i comportamenti violenti sono sempre condannati nelle scuole», dalla Flc Cgil ci tengono a porre l’attenzione sul contesto socio familiare da cui spesso nascono questi atteggiamenti. A partire da queste considerazioni, ritengono «che non è possibile individuare come soluzione un progetto di scuola autoritaria in cui lo strumento di contrasto principale diventa il voto in condotta». A loro avviso, bisogna intervenire con strumenti di prevenzione e interventi correttivi a monte del processo educativo, «consentendo una reale efficacia del ruolo docente, troppo spesso precario e nella maggior parte dei casi totalmente isolato nel rapporto con la classe». Si dicono, inoltre, contrari al voto numerico e propongono di sostituirlo con una valutazione formativa, come avviene nella scuola primaria.

«Famiglie assenti»

Più morbidi i sindacalisti di Anief che trovano «particolarmente apprezzabile» che il voto insufficiente venga dato anche per violazioni del regolamento di istituto, ma ci tengono a sottolineare che la valutazione «non può essere un dispositivo punitivo» e che andrebbe accompagnato da altri interventi nelle scuole: dalla riduzione del numero di studenti per classe all’aumento delle ore settimanale di lezione. Più scettici dalla Cisl, secondo cui il ruolo che possono giocare le famiglie è del tutto assente, mentre «si appesantiscono gli oneri già gravanti su docenti e dirigenti». Sulla stessa linea anche l’Unione Sindacale di Base (Usb). Decisamente contrari alla Uil che tacciano il ddl di proporre soluzioni «frettolose» e con direttive sulle sospensioni «più dannose che utili».

«Punire per adattare»

A bocciare il ddl sul fronte dei provvedimenti nel voto in condotta è anche il Movimento di Cooperazione educativa, secondo il quale ci si sta muovendo in una «logica del punire per adattare». Senza contare che «non si recupera l’autorità degli insegnanti nella loro funzione pubblica, né si fa crescere il riconoscimento sociale del loro ruolo attraverso provvedimenti repressivi nei confronti degli studenti, ma […] agendo sull’organizzazione e sulle condizioni del lavoro, sulle modalità di reclutamento e sulla crescita socio-affettiva dei ragazzi».

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