L’anticorpo monoclonale che blocca l’Alzheimer: «Servono soldi per testarlo sull’uomo»

Paolo Calissano, neuroscienziato dell’Ebri: nei topi funziona

Pietro Calissano, neuroscienziato, per quarantanni collaboratore di Rita Levi Montalcini e fondatore con lei di Ebri, lo European brain research institute, o Istituto europeo per la ricerca sul cervello, dice che l’istituto ha messo a punto un vaccino per l’Alzheimer. Attualmente viene iniettato sulla coda dei topi e funziona. Il vaccino è stato brevettato, ma nessuna azienda ha ancora adottato la sperimentazione sull’uomo. La scienziata Giusy Amadoro, che guida il progetto, dice che la parola “vaccino” non è la più adatta: «Il nostro è un anticorpo monoclonale realizzato in laboratorio, diretto contro un frammento di una delle proteine responsabili della morte dei neuroni, la tau. È somministrato quando la malattia è già presente, non per prevenirla. Non fa regredire i sintomi, ma ne blocca l’avanzare. Una linea di ricerca simile portata avanti al gruppo di Antonino Cattaneo della Normale di Pisa», dice a Elena Dusi di Repubblica.


Un milione di euro

Il ministero dell’Università ha appena garantito a Ebri un milione di euro. Ma non bastano: «Siamo un istituto di ricerca di base, e già fatichiamo a ottenere i fondi per andare avanti. Un conto trovare 50-100mila euro per mettere a punto un vaccino che funzioni sui topi. Un conto sono i test sull’uomo, che richiedono 5-10 milioni. Lì deve intervenire un’azienda farmaceutica. Noi abbiamo ricevuto manifestazioni di interesse, ma mai offerte concrete». Poi Calissano spiega a chi darebbe il Nobel: «A chi definirà i reali limiti del nostro libero arbitrio. Più facciamo ricerca, più ci rendiamo conto di quanto sia ridotto e circoscritto. Una scoperta recente è che il cervello può inviare a un muscolo l’ordine di muoversi prima ancora che ce ne rendiamo conto. Come se il cervello decidesse cosa fare in anticipo rispetto alla nostra volontà. La domanda allora è: siamo davvero noi a stabilire coscientemente le nostre azioni?». Infine, il ricordo di Rita Levi Montalcini: «”Vengo a prenderla a mezzogiorno al suo albergo”, mi disse per telefono quando mi candidai a lavorare con lei. Era il 1965, io mi ero appena laureato, mentre lei era già una scienziata affermata.


Rita Levi Montalcini

Calissano prosegue: «Quando la vidi trovai molto pertinente la descrizione fatta da Primo Levi: una fragile signora dal carattere di ferro e con il portamento di una principessa. Nel laboratorio del Cnr che aveva fondato due anni prima ci mettemmo a discutere seduti su due sgabelli da pari a pari. C’era una massima di Einstein alle sue spalle: “L’immaginazione è più importante della conoscenza”. Ancora oggi non finisco di riconoscere quanto sia vero. Ogni mattina, arrivati in laboratorio, mettevamo sul tavolo le nostre idee davanti a un caffè. Anche i più giovani parlavano senza inibizioni. L’ho sempre trovato un metodo molto rassicurante e incoraggiante, capace di tirare fuori il meglio da ognuno».

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