Sgarbi contro i complottisti della morte di Alexei Navalny: «È un assassinio politico, come quello di Matteotti»

L’ex sottosegretario alla Cultura non ha dubbi sulle responsabilità della scomparsa dell’oppositore di Putin

Per Vittorio Sgarbi non c’è spazio per dubbi o cospirazioni, senza senso anche aspettare le conclusioni di indagini la cui autonomia sarà difficile da dimostrare, come invece aveva invitato a fare il vicesegretario della Lega Andrea Crippa. Quello di Alexei Navalny, morto per cause ancora da chiarire venerdì 16 febbraio nella colonia penale dove stava scontando la condanna a 19 anni di carcere, è un «assassinio politico». Nessuna interferenza dei servizi segreti di qualche Paese straniero per metter in imbarazzo Putin. Se anche fosse il favore di 007 “amici” al presidente russo, poco cambierebbe: «È come l’assassinio Matteotti, ne sei responsabile anche se non ordini di ucciderlo», dice l’ex sottosegretario alla Cultura del governo Meloni, dimessosi da poco, citando l’omicidio del deputato socialista nel 1924 per mano fascista. Nel caso del dissidente russo poi, la riflessione è sulla personalità di Navalny e su ciò che rappresentava: «È stato ucciso il più importante oppositore del presidente Putin. Probabilmente l’unica persona in Russia che ha avuto una sua carriera politica negli ultimi 15 anni», ha dichiarato Sgarbi, ricordando come, pur non riuscendo a farsi eleggere, abbia portato avanti «una protesta pacifica contro la dittatura e contro la guerra», rendendosi inviso alle autorità russe e al presidente.


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