La leggenda sulla longevità degli Hunza. Attenzione alle alimentazioni “alternative”

Come è nata la leggenda della longevità degli Hunza, un popolo che abita in una omonima valle del Pakistan

Gli Hunza sono gli abitanti dell’omonima valle del Pakistan facenti parte del popolo Burusho, la cui gente secondo una vecchia bufala vivrebbe fino a 150 anni e le donne partorirebbero fino ai 65. Si tratta di uno dei tanti miti che circolano in Rete da diverso tempo. Qui di longevo infatti c’è solo la credenza in questa leggenda, che circola anche su Facebook (per esempio qui e qui). Vediamo da dove nasce e perché non ha alcun fondamento.

Per chi ha fretta:

  • La leggenda sulla longevità degli Hunza e sulle loro straordinarie condizioni di salute è priva di fondamento.
  • All’origine di questa credenza c’è la mancanza di dati anagrafici verificabili.
  • Giocano un ruolo anche i nostri pregiudizi sulla società del benessere.

Analisi

Le condivisioni dei post sulla longevità degli Hunza sono accompagnati dalle seguente didascalia:

Gli Hunza: vivono fino a 150 anni, non conoscono il cancro, e partoriscono a 65 anni. Ecco come si nutre la popolazione più longeva al mondo

Circola anche un video, condiviso nel mese di febbraio 2024:

Hunza popolo longevo?

Nel 1933 James Hilton parla nel suo romanzo «Lost Horizon» di un popolo longevo che abita la valle di Hunza vicino al confine tra Pakistan e Cina. Il medico di Harvard Alexander Leaf riuscì a raggiungere la zona definendola un «bastione della longevità». Il medico pubblicò nel 1973 un articolo in merito sul National Geogaphic dal titolo «Every Day Is a Gift When You Are Over 100».

Il collega del New York Times John Tierney si recò sul posto per svolgere una inchiesta e verificare cosa ci fosse di vero nei racconti degli esploratori, che durante il secolo scorso riferirono di gente dalla longevità incredibile, che coltivava i campi a 140 anni e partoriva ben oltre i 60. Nel suo articolo pubblicato nel 1996, Tierney svela finalmente il “segreto” degli Hunza: «l’assenza di documenti di nascita».

«Gli anziani analfabeti non sapevano quanti anni avevano e tendevano a sovrastimare la loro età di un decennio o due – spiega Tierney -, come ho scoperto confrontando i loro ricordi con eventi storici conosciuti. Si scoprì che gli Hunza non avevano un numero insolito di centenari e il loro stile di vita tradizionale non era una formula per una buona salute».

Per altro questa gente non si trovava affatto in condizioni raccomandabili per preservare la salute. L’aria di montagna era contaminata dai fuochi perennemente accesi all’aperto. In tanti soffrivano di bronchite, tubercolosi, dissenteria, malaria, tetano e cancro.

«Una carenza di iodio nella loro dieta causava ritardo mentale – continua Tierney -. I bambini soffrivano la fame in primavera quando le scorte di cibo diminuivano. Secondo uno studio medico del 1986, l’aspettativa di vita degli abitanti dei villaggi tradizionali isolati era di soli 53 anni per gli uomini e 52 per le donne. Le persone più sane erano quelle che vivevano in villaggi più moderni vicino a una nuova strada verso il mondo esterno. Lì i camion trasportavano cibo, vaccini, antibiotici, sale iodato e stufe con camini ventilati. Vicino a questa strada, l’aspettativa di vita stava aumentando».

Il vero “segreto” della longevità infatti è vivere in Paesi dove esiste un facile accesso all’assistenza medica di base, si osservano le norme igieniche e si controlla la sicurezza di alimenti e materiali. Basta dare un’occhiata ai dati riguardo alle zone nel Mondo in cui si vive di più e dove la vita media si è notevolmente alzata in correlazione a migliori condizioni sociali. L’idea che tornare a uno “stato di natura” ci possa restituire delle ancestrali condizioni di salute eccelse è forse la vera leggenda.

A conferma del fatto che gli esseri umani sono tutti uguali, Tierney non fatica a scoprire che nelle zone in cui il popolo Hunza ha accesso al benessere la gente pensa che “si stava bene quando si stava peggio”. «Come la gente di Hunza – osserva Tierney -, ci concentriamo sui problemi attuali invece di guardare alle tendenze a lungo termine».

Conclusioni

Abbiamo visto che la straordinaria longevità degli Hunza è una leggenda priva di fondamento, che si spiega con l’assenza di una anagrafe efficiente e coi nostri preconcetti sulla società del benessere, che ci avrebbe accorciato la vita allontanandoci da un mitico stato di natura. Ma se osserviamo i dati scopriamo che le cose stanno diversamente.

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