«Il portavoce dell’esercito si è dimesso». Ma Israele smentisce: «Notizie senza fondamento» – Il video

L’emittente israeliana Channel 14 aveva annunciato il passo indietro di Daniel Hagari dopo le polemiche per l’ultima strage a Gaza. Poi la smentita

L’esercito israeliano ha smentito ufficialmente la notizia delle dimissioni del suo portavoce, il tenente colonnello Daniel Hagari che anche il pubblico italiano ha imparato in questi mesi a conoscere. «Notizie categoricamente non corrette», ha fatto sapere l’Idf, sottolineando che l’unità di portavoce delle sue forze «continua a portare avanti la sua missione di condividere la verità con trasparenza e accuratezza, contrastando al contempo la disinformazione – comprese tesi senza fondamento come queste». A dare la notizia del passo indietro di Hagari, ma anche di diversi alti funzionari del dipartimento informativo dell’esercito, era stata ieri sera l’emittente israeliana Channel 14, che aveva attribuito la decisione a questioni «professionali e personali». Non è chiaro al momento se le dimissioni di altri colleghi di livello senior di Hagari siano invece reali: Channel 14 ha fatto i nomi tra gli altri anche del tenente colonnello Richard Hecht, portavoce dell’Idf per i media esteri, e degli ufficiali Merav Granot e Tzupia Moshkovich. Mentre si avvicinano i cinque mesi dall’inizio della nuova guerra tra Israele e Hamas, le profonde divisioni all’interno della società e della politica israeliana non sono un mistero. In un video diffuso sui social dell’Idf il 1° marzo, dopo la “strage della disperazione” a Gaza, Hagari aveva detto di riconoscere «la sofferenza delle persone innocenti di Gaza. Questo è il motivo per cui stiamo cercando modi di ampliare i nostri sforzi umanitari». Nelle ultime 24 ore gli spiragli di intesa tra lo Stato ebraico e Hamas su una tregua di almeno sei settimane per condurre alla liberazione degli ostaggi e all’ingresso di aiuti molto più consistenti nella Striscia si sono di nuovo chiusi – sino a prova contraria – soprattutto per l’indisdiponibilità del gruppo palestinese a comunicare chi e quanto degli ostaggi israeliani siano ancora in vita, e dunque effettivamente “liberabili”.


Leggi anche: