Il fenomeno delle occupazioni lampo nei licei di Milano: i blitz degli studenti si moltiplicano ma hanno vita breve

Quanto tempo occupare o quante scuole occupare? Le modalità delle recenti proteste che si stanno diffondendo a macchia d’olio sul territorio milanese

Quanto tempo occupare o quante scuole occupare? Milano si trova di nuovo nel vortice delle occupazioni studentesche. Prima, tre giorni di protesta al liceo Severi-Correnti finiti con 70mila euro di danni, seguiti dall’intervento risentito in prima persona del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Poi le due notti al Virgilio, con il preside che ha dormito nella scuola, seguite da 24 ore di occupazione al Beccaria e poi ancora tre giorni al Bottoni. E così, a macchia d’olio, anche altri istituti. Una sequenza che ha segnato l’inizio di una vera e propria stagione di occupazioni a Milano, come annunciato dagli studenti stessi. L’ultima in ordine di tempo è avvenuta proprio questa mattina 4 marzo in uno degli istituti storici della città, il liceo classico Giuseppe Parini, definita dal preside dello stesso – il quale è attualmente dentro la scuola – una «mossa anti-democratica».


Occupazioni lampo

Una dietro l’altra. Ciò che contraddistingue queste occupazioni è la loro natura lampo: azioni brevi e concentrate che si susseguono rapidamente, quasi a sfidare il concetto tradizionale di occupazione, caratterizzato da tempistiche più prolungate e maggior incisività. L’idea che sembra, però, essere il faro degli studenti è quella di mantenere alta l’attenzione aumentando il numero di scuole occupate nel tempo, anziché focalizzarsi sul tempo di occupazione di ogni singola scuola. «Vogliamo occupare per un periodo di tempo ampio. Le scuole stanno occupando in successione una dietro l’altra. Se durano poco è per il tipo di programma che si è stabilito e per le forze degli studenti», commenta a Open Sara De Vecchi di Unione degli Studenti Lombardia. Una modalità non pensata a tavolino dagli studenti, ma che pare si stia rivelando efficace poiché meno suscettibile a possibili danni interni alla scuola e alla repressione governativa con cui aveva, ad esempio, risposto il ministro Valditara nel proporre il 5 in condotta e la conseguente bocciatura per chi occupa e devasta una scuola.

Salute mentale, guerra, amore: il filo rosso che lega le proteste

Ma quali sono i motivi che guidano questa nuova ondata di occupazioni? Tanti. Studenti e studentesse non si limitano più a richiedere miglioramenti infrastrutturali o politiche educative, ma stanno ponendo una maggiore enfasi sul benessere psicologico, l’attenzione all’attualità e alla politica sia nazionale che internazionale, in particolare al conflitto israelo-palestinese. I ragazzi del Parini ci tengono a sottolineare che «l’occupazione degli spazi che viviamo quotidianamente è un atto di contestazione trasversale: ciò che succede nel mondo ci riguarda e non possiamo fingere di non vedere perché coperti dalle mura della scuola». Filippo Spinelli, 18 anni, puntualizza a Open: «Noi occupiamo per amore. Un amore per gli studenti, per la salute mentale degli stessi e per la libertà di manifestare liberamente. Ma anche – aggiunge – per gridare il nostro dissenso contro il “Merito” di Valditara, contro l’idea di una scuola in cui dover performare. Questa non è la scuola in cui ci ritroviamo ed è la scuola che stiamo cercando di combattere e, al contempo, ricostruire con fondamenta nuove».

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