Tampon Tax, congedi, educazione: a che punto è la giustizia mestruale in Europa?

La spesa media per i prodotti mestruali è di circa 675 euro all’anno. A oggi sono 17 i Paesi che hanno lavorato per eliminare la tassa. Non tutti ci sono riusciti

In un articolo per Ms. Magazine della fine degli anni Settanta la scrittrice-femminista Gloria Steinem si chiedeva: «Cosa succederebbe se improvvisamente fossero gli uomini ad avere le men-struation (men, uomini) invece delle donne?». Ed ecco la risposta: «Diventerebbero un evento maschile invidiabile, gli uomini si vanterebbero della loro durata e del loro flusso. Il Congresso creerebbe un Istituto nazionale della dismenorrea per combattere i dolori mensili e il Governo stanzierebbe finanziamenti per distribuire assorbenti gratuiti». Ci sarebbero assorbenti Paul Newman, tamponi Mohammad Alì. A distanza di oltre 40 anni dall’uscita di If Men Could Menstruate la situazione in Europa non sembra essere cambiata di molto, salvo qualche battaglia vinta. Alle persone vengono ancora negati quelli che dovrebbero essere diritti: accesso a prodotti igienico-sanitari per le mestruazioni, forme di congedo mestruale, educazione sessuale.


Una necessità è (ancora) un lusso: la Tampon Tax

Secondo le ultime stime della World Bank ogni mese circa 500 milioni di persone non hanno accesso a prodotti e servizi mestruali a livello mondiale. La cosiddetta period poverty – l’impossibilità di acquistare prodotti mestruali, ma anche di accedere a strutture igienico-sanitarie adeguate, e venire a conoscenza di informazioni di base sulla propria salute – si manifesta in modi differenti. Colpisce la maggior parte dei Paesi occidentali e fasce della popolazione già svantaggiate a livello economico, esasperando le disuguaglianze di genere. Le stime elaborate dal Parlamento europeo nel 2023 parlano chiaro: la spesa media per i prodotti mestruali è di circa 675 euro all’anno (27mila nell’arco della vita).


Ad oggi sono 17 gli Stati d’Europa che, sull’esempio del Kenya (2004), hanno lavorato per eliminare la tassa sui prodotti mestruali. In Scozia, il 15 agosto 2022, è entrato in vigore il Period Products Act con l’obiettivo di contrastare la povertà mestruale. La proposta di legge, presentata all’epoca dalla parlamentare Monica Lennon, consente alle donne di ottenere presso farmacie, centri di aggregazione giovanili, oltre che nelle scuole e nelle università, assorbenti gratuiti. A seguire il «modello Scozia» è stata la Catalogna, alzando però l’asticella. Nella comunità autonoma del nord-est della Spagna chiunque ne abbia bisogno –  scrive il Guardian – può ottenere gratuitamente coppette mestruali, assorbenti o slip lavabili nelle farmacie. L’obiettivo, anche in questo caso, è ridurre la period poverty in ottica però ambientale, in un’area dove «il 44 per cento delle persone non può permettersi un prodotto di prima scelta e il 23 utilizza assorbenti monouso», riportano i sondaggi.

In Ue? L’Irlanda azzera l’Iva, l’Ungheria al 27 per cento

Nel 2022 l’Unione europea ha rivisto la direttiva 112 del 2006 che consentiva agli Stati membri di ridurre l’Iva soltanto del 5 per cento. Ora, i Paesi dell’Ue possono decidere di azzerare completamente la Tampon Tax senza ricorrere all’iter complesso previsto da Bruxelles. L’unico Paese dell’Unione che l’ha azzerata è l’Irlanda (anche in Inghilterra, sebbene non faccia più parte dell’Ue). Mentre in altri Stati le aliquote applicate ai prodotti igienici femminili variano a seconda del contesto socio-economico e dell’importanza (molto spesso) politica che i governanti attribuiscono a questa tematica. In base al monitoraggio condotto da Wash United a livello globale, l’Ungheria è il Paese Ue con il più alto regime fiscale (27%). Seguito da oltre il 20 per cento di Croazia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Bulgaria. L’Italia, con il dietrofront del governo Meloni, assieme alla Slovenia ha l’Iva sui prodotti igienici femminili al 10 per cento. Malta, Cipro, Francia, Polonia li tassano al 5. In Spagna dal 2023 è al 4 per cento, in Lussemburgo al 3. La Germania ha invece abbassato l’Iva dal 19 al 7 per cento dopo l’uscita di un libro dal titolo The Tampon Book dalla start up The Female al cui interno vi erano 15 tamponi. Andò sold out in un giorno e il governo abbassò definitivamente l’aliquota.

Storia (triste) del congedo parentale

Le politiche sull’abolizione della tassa sugli assorbenti sono strettamente collegate all’introduzione del congedo mestruale, la possibilità sovvenzionata dallo Stato di assentarsi dal lavoro per alcuni giorni, previo certificato del proprio medico di base, per chi soffre di mestruazioni dolorose e invalidanti. La Spagna è il primo Paese dell’Ue ad averlo adottato. Il 16 febbraio dello scorso anno, il parlamento ha approvato in via definitiva la «Legge organica per la tutela dei diritti sessuali e riproduttivi e la garanzia di interruzione volontaria della gravidanza» che tra i vari provvedimenti ha introdotto il congedo mestruale: tre giorni di permesso dal lavoro per chi soffre di dismenorrea, ovvero il dolore uterino che sorge durante il periodo delle mestruazioni. L’esecutivo socialista di Pedro Sánchez non è stato il primo ad introdurre la misura: il precedente storico ce l’ha il Giappone dove è in vigore dal 1947. E guardando sempre a Oriente anche Cina, Corea del Sud, Taiwan e Vietnam hanno nei propri ordinamenti norme simili. Altri governi europei, incluso quello italiano, hanno avviato una discussione su questa tematica, ma nessuna misura è stata ufficialmente attuata a riguardo.

Una ricerca pubblicata dal Journal of Women’s Health del 2019 (gli open data in materia sono pochi e molto spesso datati) precisa come oltre il 70% delle donne under 25 anni soffra di dismenorrea, senza alcuna differenza legata a status economico o regione d’appartenenza. Eppure le tipologie di sofferenza e le patologie sono diverse (dai dolori pelvici alla dismenorrea, dall’endometriosi – riconosciuta in Italia – alla sindrome premestruale, fino al disturbo disforico premestruale), diagnosticate molto spesso dopo anni di sofferenze fisiche, psicologiche ed economiche. E il congedo mestruale, che dovrebbe essere garantito per ognuna di queste, non permette l’assegnazione automatica di giorni di assenza a ogni mestruazione. Offre, al contrario, la possibilità alle lavoratrici di assentarsi dal lavoro a causa degli invalidanti dolori.

Educazione “mestruale”/sessuale

Quando si prova a parlare di mestruazioni si sollevano spesso reazioni di disagio e imbarazzo. La causa è da ricercare, con ogni probabilità, nella scarsa educazione sessuale che impedisce di conoscere il proprio corpo, il suo funzionamento, limitando di fatto la possibilità di vedere approvate leggi che non minaccino il diritto fondamentale alla salute. «Se non diciamo ai ragazzi che cos’è una mestruazione normale, come faranno a sapere quando qualcosa è anormale? Come un ciclo troppo pesante o doloroso», è il monito di una sessuologa inglese. Per farlo, è necessario parlarne fin da bambini, incentivare l’educazione sessuale, sdoganare la formazione sul ciclo mestruale.

Il diritto all’educazione sessuale e affettiva è un diritto alla salute, si legge nel Comprehensive sexuality education (Cse) country profiles del Global Education Monitoring Report-GEM dell’Unesco del 2023. Anzi: è il presupposto per la realizzazione «di un pieno rispetto dei diritti umani e per l’uguaglianza di genere, che sono tra gli obiettivi dell’Onu per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030». Ma su 50 Stati solo il 20 per cento prevede una normativa sull’educazione sessuale e soltanto il 39 ha adottato iniziative specifiche al riguardo. Ma è comunque obbligatoria nelle scuole primarie nel 68 per cento e nel 76 delle secondarie. Mentre 8 Paesi su 10 forniscono anche formazione agli insegnanti. In Svezia l’educazione sessuale è materia obbligatoria fin dal 1955, in Germania dal 1968, mentre in Francia è diventata legge dal 2001. Quanto all’Italia è uno degli ultimi Stati membri dell’Unione europea in cui l’educazione sessuale non è obbligatoria a scuola, accanto a Bulgaria, Cipro, Lituania, Polonia e Romania. Per poter cambiare la narrazione sulle mestruazioni è necessario normalizzarle.

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