James Blake sulla salute mentale: «Le etichette dovrebbero fornire un terapeuta ai loro artisti»

Il cantautore britannico si scaglia contro i ritmi e le dinamiche della discografia: «Non dovrebbero trarre profitto dai nostri traumi senza aiutarci a risolverne le insidie»

«Le etichette dovrebbero essere obbligate a fornire un terapeuta ai loro artisti». L’ultima provocazione di James Blake, il cantautore britannico classe 1988, arriva tramite X e riguarda un argomento in questo periodo particolarmente scottante, anche in Italia: la salute mentale degli artisti: «Non dovrebbero trarre profitto dai nostri traumi – continua – senza aiutarci a risolverne le insidie». La teoria esposta dall’autore di hit mondiali come Retrograde, Godspeed o Limit To Your Love è chiara e si basa sul fatto che secondo lui il disagio, la malinconia, la tristezza, siano il motore creativo per tanti artisti, ma sfruttare il dolore a scopo di lucro sarebbe ingiusto, così le label dovrebbero farsi carico delle spese di terapia dei loro assistiti. Blake passa poi a puntare il dito anche contro le agenzie di booking: «Tutti loro hanno interesse affinché l’artista abbia più successo, il che significa mantenerlo disconnesso dai sistemi di supporto/famiglia/amici e gettato in uno strano mondo fatto di tour e relazioni parasociali», un mondo che, come aveva dichiarato già tempo fa, può diventare fortemente alienante per gli artisti più giovani che non sono preparati per esperienze di quella portata. Solo nelle ultime settimane, dopo che Sangiovanni ha annunciato una pausa per pensare alla sua salute mentale, altri artisti italiani hanno parlato delle proprie fragilità e delle proprie difficoltà.


I diritti degli artisti

Ultimamente James Blake sta vivendo un momento particolarmente impegnato sotto il profilo della lotta per i diritti degli artisti. È di qualche giorno fa infatti l’annuncio del lancio di Vault.fm, una nuova piattaforma dove vengono annullati tutti gli intermediari tra artisti e pubblico. Il claim è: «Rilascia la musica alle tue condizioni». L’artista propone un contenuto inedito, come una nuova canzone, lo spoiler di un disco, un brano in versione acustica o live, e poi sceglie un prezzo per chi vuole acquistarlo. Quella che Blake sta provando a proporre è la soluzione per un problema assai grave, quello del sostentamento degli artisti, messo sempre più a rischio (specie se parliamo di quelli alle prime armi, è chiaro) dai pagamenti che arrivano dalle piattaforme, troppo modici rispetto alla produzione di un’opera. E a quanto quell’opera avrebbe fruttato anni fa, quando la musica era ancora legata al supporto fisico. «Non si può pensare di acquistare tutta la musica del pianeta per 10 dollari al mese» aveva scritto sempre su X, dando il via ad una cascata di commenti di fan, colleghi e giornalisti. «Dopo i miei tweet – racconta l’artista in un videomessaggio su Instagram – sono stato contatto da alcuni creatori di piattaforme ed era logico unire le forze per trovare una via d’uscita. Per questo stiamo lanciando Vault.fm, per dimostrare che la musica ha un valore intrinseco che va oltre la semplice visibilità».


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