Julian Assange, la corte del Regno Unito prende tempo sull’estradizione: i timori dei giudici sul trattamento negli Usa

Il tribunale di Londra ha dato parere favorevole a una parte delle richieste dei legali del fondatore di Wikileaks

L’Alta Corte inglese dà speranza a Julian Assange. I giudici britannici hanno dato parere positivo al nuovo appello del fondatore di WikiLeaks contro l’estradizione negli Stati Uniti, accogliendo in parte le sue richieste. Negli Usa il giornalista australiano rischia fino a 175 anni di carcere perché accusato della diffusione di oltre 700mila documenti classificati, ma anche di favoreggiamento e cospirazione con l’informatore Chelsea Manning che glieli aveva consegnati. I giudici del Regno Unito avevano prima negato la consegna alle autorità statunitense nel 2021 per poi ribaltare la decisione nel 2022. In un primo tempo, l’Alta Corte aveva detto no agli Stati Uniti per un possibile pericolo di suicidio legato al trattamento giudiziario e carcerario che lo avrebbe aspettato in America. Il governo britannico aveva poi confermato la scelta dei giudici e rigettato la prima istanza di appello. Il mese scorso si è tenuta l’udienza di ricorso del fondatore di WikiLeaks per ottenere un nuovo parere sulla estradizione.


Le rassicurazioni chieste agli Usa

La nuova decisione (qui il testo della sentenza) accoglie parzialmente le sue richieste: ad Assange viene garantita la possibilità di appellarsi nel caso in cui Stati Uniti e Regno Unito non siano in grado di fornire alla Corte le rassicurazioni richieste. Ossia che il tribunale statunitense che lo valuterà lo farà nel rispetto del Primo Emendamento (libertà di espressione), non lo discriminerà in ragione della sua nazionalità, e che si escluda fin da ora la pena di morte. Washington ha tre settimane di tempo per fornire quanto richiesto. Si tratta dell’ultima opzione rimasta al giornalista, prima dell’appello alla Corte europea dei diritti umani che potrebbe bloccare il trasferimento fino a una sua decisione sul caso. Amnesty ha già bollato le promesse del governo americano sul caso come «intrinsecamente inattendibili».


Il caso Assange

Assange è detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, dal 2019. In questi anni sia gli avvocati sia le organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato il peggioramento delle condizioni di salute del giornalista e attivista. Non solo: sul caso Assange si sono scontrate due visioni sulla libertà e la sicurezza nazionale. Nel 2010, con la complicità di Manning, Assange è entrato in possesso e ha diffuso oltre 470mila documenti militari secretati sulla guerra in Afghanistan e in Iraq, e altri 250mila dispacci diplomatici, attraverso la banca dati aperta e cifrata di WikiLeaks. Assange si è sempre difeso dalle accuse spiegando di aver diffuso quei documenti per denunciare i crimini e gli errori commessi dai governi occidentali – come i crimini di guerra commessi dall’esercito americano in Iraq e Afghanistan -, gli Stati Uniti ritengono sia andato ben al di là dei doveri di un giornalista e, rendendo pubblici carteggi top secret, ha messo a rischio l’incolumità delle persone che hanno agito come fonti di informazione. Negli scorsi giorni, il Wall Street Journal ha rivelato che il governo americano che Washington sarebbe disposta a rivedere i capi di accusa, con Assange che potrebbe dichiararsi colpevole per cattiva gestione di informazioni riservate e vedersi inflitta una condanna meno severa. I suoi avvocati hanno però smentito di aver ricevuto indicazioni in questo senso dal dipartimento di Giustizia.

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