Strage al Crocus City Hall di Mosca, chi sono i quattro arrestati: le torture, le mutilazioni, le scariche elettriche

Sono comparsi davanti ai giudici russi con il volto tumefatto, le bende e in sedia a rotelle. La strategia di Putin per incolpare l’Occidente

Dalerjon B. Mirzoyev, Saidakrami M. Rachalbalizoda, Shamsidin Fariduni, Muhammadsobir Z. Fayzov. Sono i nomi dei quattro arrestati per la strage del Crocus City Hall a Krasnogorsk vicino Mosca. Domenica 24 marzo, verso sera, sono arrivati nel tribunale di Basmanny e rimarranno in carcere fino al 22 maggio. Rischiano l’ergastolo, ma c’è chi chiede la pena di morte. Durante l’udienza si trovavano in una cabina con pannelli di vetro. A sorvegliarli poliziotti con il volto coperto. I lividi, i gonfiori e gli occhi neri tradivano i pestaggi subiti in cella. Uno di loro aveva una benda sull’orecchio destro. Un altro è arrivato su una sedia a rotelle e ha perso conoscenza durante l’udienza: secondo Reuters avrebbe perso un occhio. Mentre Vladimir Putin, ammettendo la matrice islamica dell’attentato, continua a non mollare la pista ucraina.


Il coltello all’asta

Saidakrami M. Rachalbalizoda aveva una benda bianca che gli copriva il lato destro della testa. Con molta probabilità è lui il presunto terrorista a cui un uomo delle forze dell’ordine russo ha staccato un orecchio e poi gliel’ha infilato in bocca. Il soldato autore della mutilazione, scrive oggi il Corriere della Sera, ha annunciato di voler mettere il coltello utilizzato all’asta. Lui, sposato e padre di un figlio, ha detto di essere regolarmente registrato in Russia durante l’udienza. Muhammadsobir Z. Fayzov è il più giovane dei quattro. Ha 19 anni ed è di origine tagika come gli altri. Lui è arrivato all’udienza in sedia a rotelle, con un catetere e un infermiere al seguito. Durante la caccia ai terroristi erano uscite delle immagini che lo mostravano con un occhio fuori dall’orbita. Si pensava che fosse deceduto. In un altro filmato è in ospedale con il volto tumefatto.


Gli elettrodi ai testicoli

Dalerjon B. Mirzoyev è invece il più anziano dei quattro: ha 32 anni. È sposato e ha quattro figli. Aveva un permesso di lavoro temporaneo per lavorare a Novosibirsk, nel sud della Siberia. Anche lui aveva un occhio nero, tagli e contusioni in tutto il volto. Nell’immagine ha anche un sacchetto di plastica intorno al collo attaccato con del nastro adesivo. Probabilmente è l’uomo che nella rivendicazione video dell’Isis-K invoca Allah contro gli infedeli. Shamsidin Fariduni ha 25 anni, è sposato e padre di un bambino. Era operaio in una fabbrica di parquet. Ha lavorato proprio a Krasnogorsk, il sobborgo dell’attacco. Durante l’interrogatorio le forze dell’ordine russe lo hanno torturato con gli elettrodi attaccati ai testicoli. Sempre lui ha acquistato la Renault bianca che è servita per l’attentato. E ha probabilmente condotto un sopralluogo in zona il 7 marzo.

Il capo dell’Isis-K

Il quotidiano spiega che attualmente il capo dell’Isis-K si chiama Sanaullah Ghafari. Il suo nome di battaglia è Shahab al Muhajir e ha assunto la guida dello Stato Islamico-Khorasan dall’estate del 2020. Nato nel 1994, è cresciuto a Kabul dove ha studiato ingegneria. Con il titolo di emiro conduce oggi una guerra fatta di attentati, omicidi mirati e ha pianificato la sfida alla Russia. Arruolando mujaheddin nelle ex repubbliche sovietiche. Tra cui il Tagikistan, luogo d’origine dei quattro arrestati. Su di lui gli Stati Uniti hanno messo una taglia di dieci milioni di euro. Alexander Bastrykin, capo del comitato investigativo russo, ha dichiarato durante una riunione del Cremlino che il bilancio delle vittime è salito a 139, con 182 feriti. Altri tre uomini sono stati posti in custodia cautelare con l’accusa di complicità. Anche loro sono di origine tagika. In totale gli arrestati sono undici.

L’Ucraina

Ieri Putin ha ammesso che il radicalismo islamico ha colpito nell’attentato. Ma è tornato a parlare di Ucraina, sostenendo che i quattro presunti autori sono stati arrestati mentre andavano verso il confine. Che però, come è stato fatto notare, è molto controllato e sarebbe stato difficile varcarlo. A differenza di quello con la Bielorussia, e da Briansk si può arrivare anche fino a Minsk. Andrej Soldatov, uno dei massimi esperti di servizi segreti russi, dal 2020 vive in esilio a Londra, spiega oggi a Repubblica perché lo Zar continua a puntare il dito sull’Occidente: «Putin evita di accusare direttamente l’Isis o l’Ucraina perché ha bisogno di avere un margine di manovra per i suoi giochi tattici. E per poter creare diverse narrazioni e lasciare spazio alla sua macchina di propaganda per sfruttare le opportunità offerte da questo attacco. Ci sono già molte teorie del complotto, alcune sostenute dal Cremlino. In pieno conflitto, fa sempre comodo demonizzare il nemico. È un buon modo di mobilitare la popolazione».

Le torture pubbliche

Sulle torture, Soldatov spiega che «i servizi hanno sempre torturato i detenuti in passato, ma non lo hanno mai reso pubblico. A giudicare dal modo in cui hanno diffuso i filmati delle torture degli attentatori, sembra che un nuovo livello di brutalità sia la nuova norma. Non riguarda solo i terroristi. Potrebbe toccare a chiunque, perché le nuove norme tendono ad espandersi molto rapidamente ad altre categorie di nemici». Ieri, riporta Reuters, Putin ha detto che lo scopo dell’attacco era quello di «seminare il panico». Ma mentre le forze russe avanzavano attraverso il teatro di guerra dell’Ucraina, ha detto, potrebbe anche essere stato inteso a «mostrare alla propria popolazione che non tutto è perduto per il regime di Kiev».

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