Il direttore della Normale di Pisa: «Gli accordi con Israele? Gli studenti che protestano si possono capire»

Luigi Amrosio: la mozione ci impegna per un tema etico

Il direttore della Normale di Pisa Luigi Ambrosio dice che la richiesta di riconsiderare gli accordi di ricerca con gli atenei israeliani da parte del Senato accademico mette sotto i riflettori un tema etico. Che non si può sottovalutare: «La mozione ci impegna a un percorso di maggiore riflessione interna su questo tema, certamente molto complesso in quanto interpretazioni molto estensive del dual use porterebbero a escludere quasi ogni ricerca in ambito scientifico e tecnologico. Ma criteri di valutazione possono esistere, il tema è oggetto di studi e la complessità della questione non può certo essere un alibi per eluderla completamente». Ambrosio parla oggi in un’intervista a La Stampa.


Dual Use

Secondo Ambrosio «in un contesto bellico come quello attuale, con diversi fronti aperti ed eventi che sentiamo come vicini sia perché ci coinvolgono seppur non direttamente sia per la forte copertura mediatica che ricevono, mi sembra del tutto normale che la sensibilità su questi temi sia fortemente aumentata, sarei anzi sorpreso del contrario». Il direttore dell’istituto dice che concorda con Salvatore Settis. Che ha spiegato come «la violenza dei tempi che attraversiamo spiega la durezza dei linguaggi» e «incoraggia gli eccessi»: «Il rischio dell’eccesso di semplificazione, di fronte a temi complessi, tocca tutti, anche in ambito accademico. Ad esempio nei dibattiti televisivi certe parole vengono sovente usate, da ambo le parti, come corpi contundenti per polarizzare immediatamente il dibattito».


Gli studenti e la protesta

Eppure, secondo Ambrosio la ribellione dei movimenti studenteschi è comprensibile: «In un momento come questo, con forti tensioni internazionali che ci coinvolgono più o meno direttamente, con la forte e costante copertura mediatica che questi eventi ricevono, è del tutto naturale che i nostri giovani, anche per ragioni anagrafiche, manifestino una particolare sensibilità sul tema». Mentre agitare lo spettro della deriva terroristica sembra «un modo per coartare la protesta legittima. Io penso, infatti, che censurare tout court le proteste non abbia senso, queste fanno parte della democrazia e del clima di aperto dibattito interno che deve animare gli atenei, sedi dello studio e del pensiero critico. Naturalmente bisogna saper distinguere caso per caso, cercando di prevenire, non trascurando segnali di comportamenti al limite della legalità».

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