Ilaria Salis candidata Avs: perché con l’elezione sarebbe libera ma rischia un nuovo arresto

Il trattato sul funzionamento dell’Ue e l’immunità. Il voto di Strasburgo che potrebbe chiedere Orbán. I precedenti e la differenza con il caso Tortora

Se Ilaria Salis si candida con Alleanza Verdi Sinistra alle elezioni europee e viene eletta, dovrà essere scarcerata. Poi l’Ungheria potrà chiedere al Parlamento Europeo un nuovo arresto. Che però si dovrà votare in Assemblea. Le regole infatti sono dalla parte della maestra di Monza accusata di lesioni aggravate a Budapest. E mentre il padre Roberto dice che ha ricevuto offerte anche dal Partito Democratico e che quella della figlia non sarebbe una fuga dal processo, i precedenti in Italia e in Europa dicono che l’insegnante italiana da 14 mesi in cella potrà uscire dal carcere soltanto se vincesse il seggio a Bruxelles. Ma dovrà comunque attendere in carcere l’esito delle elezioni. Perché mentre il suo difensore Gyorgy Magyar dice che nel paese l’immunità scatta nel momento della presentazione delle liste, per le candidature in Italia si applica la norma interna.


Il Trattato sul funzionamento dell’Ue

E la norma interna farebbe scattare la liberazione subito dopo l’elezione. In caso quindi di mancata elezione tutto resterebbe com’è. Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea prevede esplicitamente che gli eletti a Strasburgo «beneficiano sul territorio di ogni altro Stato membro dell’esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario». Quindi nel caso andrebbe così: Salis verrebbe scarcerata per prendere possesso del suo seggio al Parlamento Europeo. Subito dopo l’Ungheria potrebbe chiedere all’assemblea plenaria un voto per riportarla in carcere. E a quel punto sarebbe l’Aula a decidere. Ma ancora una volta l’avvocato di Salis Magyar dice anche che visto che le imputazioni si riferiscono a fatti precedenti all’elezione, resta comunque incerta l’interpretazione dei giudici di Budapest.


Il voto di Strasburgo

Marina Castellaneta, professoressa ordinaria di diritto internazionale, spiega oggi a Repubblica che prima di tutto per Salis vale la presunzione d’innocenza, visto che la sentenza non è ancora arrivata: «Ogni forma di preclusione o di decadenza dal diritto di eleggibilità sarebbe incompatibile con questo principio. Di conseguenza Ilaria Salis potrebbe essere candidata: non sussistono né cause di ineleggibilità né di incompatibilità». Poi che Salis in caso di elezione e dopo la proclamazione ufficiale «godrebbe dell’immunità parlamentare che è funzionale a consentire l’esercizio del proprio mandato. Di conseguenza, dovrebbe essere scarcerata». Successivamente il giudice potrà avviare la procedura di revoca dell’immunità: «La legge prevede che la richiesta di revoca diretta al presidente del Parlamento Ue venga comunicata all’Aula e deferita alla commissione competente chiamata a esaminare le richieste».

L’immunità nella Ue

L’iter termina con una proposta con la quale si raccomanda l’accoglimento o il rigetto della richiesta: «A quel punto il deputato interessato può essere ascoltato e poi la decisione passa all’Assemblea parlamentare». La docente parla anche del caso dell’eurodeputato catalano Oriol Junqueras Vies. Nel 2019 i giudici spagnoli avevano negato la sua scarcerazione. La Corte di Giustizia Europea ribadì che l’immunità comportava la revoca della misura di custodia cautelare. Nei suoi confronti subito dopo arrivò la condanna definitiva. Con conseguente decadenza del seggio. Castellaneta spiega che «gli eurogiudici hanno chiarito, rispetto a una persona, proclamata eletta al Parlamento europeo mentre era sottoposta a una misura di custodia cautelare, che lo Stato non può impedire al deputato eletto di partecipare alla sessione del Parlamento europeo proprio perché beneficia dell’immunità».

I precedenti

Un altro caso con cui è possibile fare un paragone è quello del deputato polacco Wlodzimierz Karpinski. Detenuto per corruzione e non eletto a Strasburgo nel 2019, è subentrato poi a un eletto dimissionario. Per questo i giudici polacchi l’hanno liberato. In Italia i precedenti significativi sono tre. Toni Negri, arrestato nel 1979, fu eletto alla Camera dei deputati con il Partito Radicale. Enzo Tortora invece era ai domiciliari quando il Pr decise di candidarlo alle Europee. Fu eletto con 485 mila preferenze. Pietro Valpreda, anarchico accusato per la strage di Piazza Fontana, invece non riuscì a centrare l’elezione nel 1972. Gaia Tortora, figlia di Enzo, dice oggi a La Stampa che il caso è diverso da quello di suo padre. In primo luogo perché lui era incensurato mentre Salis ha ricevuto condanne in Italia.

La differenza tra Salis e Tortora

Secondo Gaia Tortora tra il caso del padre e quello di Salis «ci sono differenze evidenti, che non serve nemmeno sottolineare. Ma mi infastidisce di più chi si accorge di alcune cose solo quando accadono lontano da noi. Chi dice che, nel caso, Salis sconterà la pena in Italia, come se le nostre carceri siano molto meglio di quelle ungheresi. Le condizioni di detenzione sono pessime anche qui, pure se nessuno viene fatto entrare in tribunale con i ceppi ai piedi. Chissà quanti nostri detenuti vorrebbero avere la possibilità di una candidatura per raccontare quello che succede lì dentro».

La politicizzazione del caso

Sulla politicizzazione del caso Gaia Tortora dice che «è una vicenda politica, penso che Fratoianni e i suoi abbiano fatto il loro lavoro. Come, del resto, avevano provato a fare prima quelli del Pd. Certo, mi chiedo se Salis avrebbe avuto la stessa attenzione e la stessa opportunità nel caso fosse stata arrestata in un altro Paese e non nell’Ungheria di Orbán».

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