«Sarà l’influenza a causare la prossima pandemia». L’avvertimento degli scienziati in un nuovo studio

Altri virus come Ebola e Zike vengono considerati meno pericolosi nello studio che verrà presentato nel dettaglio la prossima settimana a Barcellona

Sarà il virus dell’influenza a causare la prossima pandemia. Secondo un sondaggio anticipato nelle scorse ore dal Guardian, il 57% dei più importanti studiosi sul tema è convinto che sarà proprio il patogeno stagionale a raggiungere una diffusione globale. Proprio la sua evoluzione costante che ogni anno si manifesta in nuovi focolai, infatti, è la forza del virus secondo Jon Salmanton-García, ricercatore dell’Università di Colonia autore dello studio che raccoglie la collaborazione di 187 scienziati tra i più esperti del tema e verrà svelato nel dettaglio al congresso della Società Europea di Cinica Microbiologica e le Malattie Infettive (ESCMID) di Barcellona la prossima settimana. L’influenza torna ogni inverno, ha dichiarato Salmanton-García. «Si potrebbero descrivere queste epidemie come piccole pandemie. Sono più o meno controllati perché i diversi ceppi che li causano non sono abbastanza virulenti, ma non sarà necessariamente così per sempre».


L’influenza aviaria contagia i bovini

Secondo il 21% degli scienziati coinvolti, invece, la prossima pandemia, come accaduto con il Covid, sarà causata da un virus ancora sconosciuto alla scienza, che prende il nome, come da tradizione scientifica, di malattia X. Altri microrganismi mortali – come i virus Lassa, Nipah, Ebola e Zika – sono stati considerati una grave minaccia globale solo dall’1% al 2% degli intervistati. «L’influenza è rimasta, in larga misura, la minaccia numero uno in termini di potenziale pandemico agli occhi della grande maggioranza degli scienziati mondiali», ha aggiunto Salmanton-García. Particolare attenzione è rivolta all’influenza aviaria in seguito al monito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, arrivato dopo il passaggio del virus H5N1 dai volatili ai bovini in decine di allevamenti negli Usa, accentuando il rischio che questo possa contagiare in massa anche gli esseri umani. Infatti, più specie di mammiferi vengono infettate dal virus, maggiori sono le possibilità che esso si evolva in un ceppo pericoloso per l’uomo. Fino a pochi mesi fa, non erano mai stati riscontrati casi di aviaria nei bovini.


Il salto verso l’essere umano diventa più facile

«Significa che il rischio che il virus penetri in un numero sempre maggiore di animali da fattoria, e poi dagli animali da fattoria agli esseri umani, diventa sempre più alto. Quanto più il virus si diffonde, tanto più aumentano le possibilità che muti e possa diffondersi negli esseri umani. Fondamentalmente, stiamo giocando alla roulette con il virus» ha affermato Jeremy Farrar, capo scienziato dell’Organizzazione mondiale della sanità. Ad oggi non vi è alcuna indicazione che l’H5N1 si stia diffondendo tra gli esseri umani. Ma in centinaia di casi in cui gli esseri umani sono stati infettati attraverso il contatto con animali negli ultimi 20 anni, l’impatto è stato terribile. «Il tasso di mortalità è straordinariamente alto perché gli esseri umani non hanno un’immunità naturale al virus», ha aggiunto Farrar. Rispetto al Covid, la lotta contro l’aviaria da qualche metro di vantaggio agli esseri umani, dato che i vaccini contro l’H5N1 sono stati già sviluppati.

Leggi anche: