Europee, Cateno De Luca contro tutti: «Meloni è inquietante», «Vannacci è un malato» e «Renzi e Calenda hanno copiato da me» – L’intervista

Il leader di Libertà, capolista in tutte le circoscrizioni insieme a Laura Castelli (ex M5s), non andrà a Strasburgo se eletto: «Il mio sogno è fare il presidente della Sicilia»

I medici gli hanno detto di restare a casa e riposarsi, dopo i 10 giorni di ricovero ospedaliero. Una brutta polmonite. Lui, soprannominato “Scateno” per la sua irruenza, ha deciso di «portare la casa con sé» pur di non fermare i comizi: ha preso un camper, il «camper della Libertà», e ha iniziato a girare per l’Italia alla ricerca dell’ultimo voto utile a superare la soglia di sbarramento. Open ha intervistato Cateno De Luca su Skype. I suoi collaboratori, nel concordare l’intervista, hanno preferito la videochiamata a una telefonata normale: «Rende di più». E si vede: con l’impeto che lo contraddistingue, il sindaco di Taormina avvicina il faccione alla videocamera quando afferma che «Salvini non ci sarà più dopo l’Europee». Si accalora mentre spiega perché – parole sue – «Meloni è inquietante» ed è la protagonista «di una nuova forma di Ventennio». Il leader di Libertà ne ha anche per Vannacci, «un malato che fa paura» e, tra un aneddoto su Berlusconi e un altro su Bossi, si definisce «il sogno proibito di Totò Cuffaro».


De Luca, come sta innanzitutto? Cosa ha avuto?


«Io sono in giro con un camper perché ho passato dieci giorni in ospedale a causa di una polmonite acuta. L’abbiamo scoperta alla fine di uno dei miei comizi, avevo la febbre a 40 e sono stato portato subito all’ospedale. Poi sono uscito dall’ospedale, sono scappato con l’impegno di starmene un mesetto a casa tranquillo. E allora ho deciso di “portare casa” con me: sto girando l’Italia in camper, ovviamente con le cautele e le prescrizioni che i medici mi hanno imposto».

È convinto di farcela a superare lo sbarramento del 4%?

«Noi abbiamo già fatto una previsione quando abbiamo lanciato, lo scorso 2 marzo, il progetto: eravamo al 4,2%. Abbiamo detto a tutte le forze politiche e civiche che si riconoscono nel comune denominatore “meno Europa, più Italia” che potevano fare questo percorso con noi. Hanno risposto positivamente e siamo convinti che il risultato lo faremo».

“Meno Europa, più Italia”: è lo stesso slogan della Lega.

«No, attenzione: abbiamo chiesto 100 mila euro di risarcimento a Matteo Salvini perché lui ha invertito i termini e ha fatto “più Italia, meno Europa”. Ma ha copiato il nostro slogan: ne risponderà lui come risponderanno anche Carlo Calenda di plagio e il buon Matteo Renzi. Perché il progetto di esporre nel simbolo tutte le sensibilità che ci sono in una lista è nostro. Noi abbiamo 19 stelle nella costellazione della “Libertà”, Calenda ne ha nove e Renzi ne ha sei. Tuttavia, siamo stati noi a lanciare questo modello. Chiederemo un risarcimento anche a loro due. Sanno solo copiare, tutti quanti».

Chiederà veramente il risarcimento a Renzi e Calenda? Perché il leader di Italia Viva ha affidato un mandato ai suoi legali, un paio di mesi fa, per agire nei suoi confronti. Ricorda? Ha fatto un’associazione tra Renzi e la mafia.

«Abbiamo detto semplicemente: noi andiamo a braccetto con Capitano Ultimo, lui va a braccetto con Totò Cuffaro. Renzi ha detto che ci avrebbe citato ma, dopo alcuni giorni, è stato smentito perché è uscita la notizia che lui stava trattando con Cuffaro. E Cuffaro, alla fine, non è entrato nel progetto renziano della lista di scopo solo perché Emma Bonino si è opposta».

Se vincerà, si farà i cinque anni da eurodeputato o prevede di interrompere prima il mandato? Glielo chiedo perché ha dichiarato che punta alla presidenza della Sicilia.

«Io non ci andrò in Europa, mi sono candidato per creare un varco e avere una rappresentanza in Europa di uomini e donne libere. Io ho un obiettivo: la presidenza della Regione e creare al Parlamento nazionale un gruppo di uomini e donne che fanno parte di un progetto federalista, civico e autonomista. Questo è il mio grande sogno».

Lei scommette sulla sua vittoria alle regionali in Sicilia del 2027, Stefano Bandecchi in quello stesso anno prevede di diventare presidente del Consiglio. Chi dei due ha più chance?

«I sogni non costano. Come io sono arrivato secondo come candidato alla presidenza della Regione, il 25 settembre 2022, prendendo il 25% contro tutti i poli e eleggendo anche due rappresentanti al Parlamento nazionale, Bandecchi può anche sognare di fare il presidente del Consiglio. È che bisogna iniziare il percorso, magari non si vince alla prima occasione. Io, per carità, auguro a tutti le migliori fortune, ma il mio percorso l’ho iniziato quando avevo 14 anni, quando appiccicavo i manifesti per la sezione della Democrazia cristiana di Fiumedinisi. Oggi, sono al quinto Comune che amministro e sono stato sempre eletto contro tutti i poli, grazie al consenso popolare. Sono anche alla quarta legislatura al Parlamento siciliano – l’Assemblea regionale siciliana, ndr -. Tutto ciò per dire che, alle mie spalle, c’è una storia di buona amministrazione che mi ha portato a essere presente nel panorama politico senza farmi coinvolgere dal sistema».

Le chiedevo di Bandecchi perché c’è una cosa che vi accomuna. Entrambi denunciate ripetutamente l’esclusione delle vostre formazioni politiche da articoli, servizi e confronti televisivi. In generale, ritiene che in Italia ci sia un problema di democrazia?

«I media stanno mettendo il bavaglio a tutti: basta guardarli. Scusate, io non sono stato invitato in nessun talk show. Io non compaio nelle prime serate, neanche per tre secondi eh! Non ci siamo neanche nei tg. E allora abbiamo fatto una bella denuncia all’Agcom. Si parla tanto di pluralismo dell’informazione… in una competizione elettorale come le europee, che richiede un forte voto di opinione, io quel voto d’opinione come lo dovrei generare se Libertà non è presa in considerazione dalla grande comunicazione? Ogni tanto ci fanno l’elemosina, ci chiamano per qualche secondo…».

Nessuna elemosina da parte nostra, ci siamo accordati per 20 minuti di intervista…

«E io di questo vi ringrazio».

Il governo e Giorgia Meloni hanno delle responsabilità in queste dinamiche mediatiche che lei contesta?

«Se fanno campagna elettorale pretendendo che le attività istituzionali, di governo non siano computabili ai fini della par condicio, è ovvio che hanno trasformato il servizio pubblico in Tele Meloni. Altro che tempi dell’olio di ricino, qua siamo ben oltre. E Meloni, da questo punto di vista, è veramente inquietante».

Se parla di olio di ricino non si può non cogliere il riferimento al Ventennio fascista.

«Manca solo il ministro per la propaganda, ma non ce n’è bisogno perché su questo Meloni ha uno che fa propaganda all’opposto: ha suo cognato, Francesco Lollobrigida, che quando parla è veramente, come diciamo noi in Sicilia, “u campiuni i Parigi”».

Che significa?

«Che è il classico esempio di un soggetto inconcludente e sconclusionato. Le sue dichiarazioni sono fantastiche».

A proposito, il 16 maggio Lollobrigida ha detto che se ci fossero più cene ben organizzate, si eviterebbero anche delle guerre. Condivide quest’idea di una “soluzione alimentare” alle crisi geopolitiche?

«Non ha completato il ragionamento sul come organizzarle: a base di farina di grilli? La verità è che loro stanno sostenendo diverse lobby, anche in ambito europeo. La politica agricola comunitaria, la Pac, chi l’ha votata? Cateno De Luca? Questi sono tutti partiti che in Europa fanno parte delle lobby. Si dice a Oxford: “Preganu a Dio e futtunu u prossumu”. Veda, questi a Bruxelles sono piegati alle grandi lobby, perché fanno parte delle famiglie che ovviamente sono anche sostenute finanziariamente dalle lobby. Poi vengono in Italia e si battono il petto davanti agli agricoltori, ai pescatori, ai balneari… con la Bolkenstein che ormai esproprierà, di fatto, decenni di tradizioni famigliari. Questi sono i partiti che ovviamente devono continuare a coltivare il centralismo, del quale noi siamo stanchi. Siamo contro il centralismo».

Traccia una prospettiva non proprio lusinghiera del ruolo dei partiti italiani in Europa.

«Sa qual è, oramai, il disegno? Tra qualche anno avremo elezioni anticipate, perché Meloni si farà approvare il premierato e si arriverà a una nuova forma di dittatura. Ma prima porteranno Mario Draghi alla presidenza della Commissione europea. Lui li proteggerà per qualche anno, dopodiché, con la scusa del premierato, si andrà a elezioni anticipate, con l’obiettivo di evitare di rispondere degli effetti causati dalle regole del Patto di stabilità europeo. Il disegno è chiaro. E noi dovremo subire nuovamente l’invasione di Draghi, in questo caso da presidente della Commissione, mentre si delinea anche una nuova forma di Ventennio fascista. Magari in una figura femminile – il riferimento è a Meloni -, simpatica per carità, ma inquietante sotto il profilo della democrazia».

Quante querele riceve per le sue dichiarazioni che non sono mai tiepide?

«Ormai gli avvocati non li pago per ciascuna querela, do loro un tot al mese. Io ho avuto sedici procedimenti penali, ho avuto due arresti, ma sono incensurato. Quando si è impertinenti e irriverenti, soprattutto in una terra come la Sicilia dove impera la visione politico-mafiosa della gestione del denaro pubblico, o ti pieghi entri in certi salotti e ti consegni, oppure la paghi. Ma io mi sono fatto gli anticorpi. Certo, la polmonite mi ha fottuto, però gli anticorpi a un certo sistema me li sono fatti».

Per le sue vicende giudiziarie ha qualcosa da imputare alla magistratura?

«No. Io mi affido ai giudici dello stesso tribunale che mi ha arrestato. E mi hanno assolto. Sa cosa penso della separazione delle carriere? Che sia una grande supercazzola per distrarre l’attenzione dal vero problema. Io ci sono passato: sto parlando della durata dei processi. Io ho subito 12 anni di tritacarne giudiziario per poi uscirne assolto, a testa alta. E queste lungaggini valgono anche per i procedimenti civili, ad esempio per i regolamenti di confine… cioè cose banali, che nella quotidianità capitano chissà a quanta gente. Se un procedimento dura più di 10 anni, che gliene fotte alla gente della separazione delle carriere? E a che serve un processo se la sentenza arriva dopo 10, 15 anni? E allora, diciamolo, nessuno parla del vero problema perché la responsabilità su questo tema è comune: è sia della politica sia della magistratura».

Non la si può certamente definire un democristiano per il suo modo fumantino di…

«Alt, alt! Io sono sturziano, altro che democristiano. Non sono solo di formazione sturziana: io sono nato nei corpi intermedi, ho vissuto e continuo a vivere la mia vita nei palazzi municipali. Diciamo che sono don Luigi Sturzo versione 4.0».

A proposito di Dc, davvero Totò Cuffaro l’ha sondata per un’alleanza in vista delle Europee?

«Io sono il sogno proibito di Totò Cuffaro. Veda, io non sono presidente della Regione Sicilia per mia scelta. Le spiego il perché. A luglio 2022, Silvio Berlusconi aveva telefonato al buon Gianfranco Miccichè per chiedergli di portarmi da lui. Berlusconi disse a Miccichè: “Ho in mano dei sondaggi che danno il centrodestra con De Luca candidato alla presidenza al 65-70%”. Ma io ho detto a Miccichè che non sarei andato con lui da Berlusconi, perché gli avrei fatto fare brutta figura e noi due siamo amici. Io sono cresciuto in Sicilia come alternativa al sistema politico-mafioso che è rappresentato da tutti quanti gli altri. Quindi, la mia ambizione di fare il presidente della Regione si è fermata dove ha prevalso il mio grande senso di onestà. E mi sono candidato contro quel sistema, prendendo il 25%. Io il 25% e “l’ologramma Schifani” circa il 40%. Effettivamente, quel sondaggio che aveva Berlusconi era vero. Ma io lo farò il presidente della Regione: contro questo sistema e con le mani libere. È importante, quando entri nei palazzi, avercele libere le mani, perché solo così potrai portare avanti le tue idee».

Anche Roberto Vannacci le aveva chiesto di candidarsi nella sua lista?

«Ah, questa storia è simpatica. Ci siamo messi a disposizione per somministrare questa mela avvelenata a Salvini, perché lui all’inizio non voleva candidare Vannacci in tutti i collegi. Allora mi hanno chiamato alcuni suoi amici e mi hanno spiegato qual era il problema. Così, per agevolare la candidatura in tutte le circoscrizioni si è fatto credere che… Perché io di Vannacci nelle nostre liste non ne voglio. Per me Capitano Ultimo rappresenta il simbolo di cosa significa combattere le mafie: preferisco chi ci ha messo la faccia contro questo cancro e a chi, invece, ritiene che oggi si possa entrare nei palazzi perché si spara qualche… qualche iperbole. Stavo dicendo “minchiata”, ma non siamo in Sicilia e non si può dire».

Me quelle di Vannacci sono solo “iperboli” o sono il sintomo di un’ideologia politica che lei contrasta?

«Ragionando alla Vannacci, chissà che fine dovrebbero fare i disabili… per me è malato. È malato chi ventila l’ipotesi che un bambino affetto da disabilità debba stare in classi separate. E io ho paura di chi ha queste turbe, di chi ha queste malattie».

Il 17 maggio si è celebrata la Giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. Vannacci, in questo ambito, continua a sostenere che «i gay non sono normali» e giustifica il concetto con una spiegazione meramente statistica

«A me fanno solo schifo queste prese di posizione. Io sono un uomo che non ha pregiudizi, che commette i propri errori, come tutti, per carità. Ma io non ho pregiudizi. Sono un sostenitore dell’Arcigay e, contemporaneamente, sono un cattolico convinto. Penso che la nostra società debba avere le caratteristiche della pluralità e dell’inclusione. Punto. Chi invece pensa di essere superiore, o che ci sono razze inferiori, usando un termine brutto, che non mi appartiene, secondo me è un malato».

Torniamo alla sua Sicilia per l’ultima domanda. Cosa pensa del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, che ha come principale sostenitore proprio Salvini?

«Fino a tre anni fa, Salvini era contrario al ponte. Addirittura diceva che erano soldi sprecati. Ha cambiato idea da quando ha cominciato a frequentare il salotto di casa Verdini. Infatti noi lo chiamiamo “ponte di Matteo Verdini”, il “ponte degli affari”. Io sono sempre stato a favore del corridoio Berlino-Palermo, che allora era cofinanziato dall’Unione europea e che prevedeva l’alta velocità da Salerno a Villa San Giovanni, la sostituzione della monorotaia dei Borboni in Sicilia, il potenziamento dei porti di Gioia Tauro e Augusta e la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. Quando noi adesso sentiamo di nuovo parlare di questo ponte sullo Stretto, è perché ci sono dei contenziosi da chiudere. E lo vogliono realizzare rapinando gli unici soldi che la Sicilia ha a disposizione per portare l’acqua nelle case, nei campi, per sistemare le strade, ovvero quelli del Fondo sviluppo e coesione. Ma ci rendiamo conto che siamo di fronte a dei folli? Per me sono solo rappresentanti di beceri affari: 2 miliardi e mezzo di euro serviranno solo per chiudere i contenziosi e per fare l’ennesimo progetto. Alla fine, che il ponte si faccia davvero o meno, non gliene frega niente: ormai l’affare è fatto. Ma noi faremo di tutto per impedire anche questo saccheggio, nonostante la complicità de “l’ologramma Schifani” e del presidente della Calabria Occhiuto. Una complicità molto inquietante».

Quindi, alla fine si farà o no il ponte?

«Non ci scommetterei. Dopo le europee, ci sarà l’effetto Papeete al contrario. Salvini non ci sarà più. Non perché se ne va al Papeete e si dimette dopo essersi ubriacato con i grandi numeri. Ma perché gli stessi suoi lo mandano affanc**o. Quindi, tolto il buon Salvini, ovviamente cade tutto questo interesse sul Ponte di Matteo Verdini».

Sembra più federalista lei che la Lega salviniana.

«Questo me l’ha detto Umberto Bossi quando ci siamo incontrati. Era il 22 settembre 2023 e mi ha detto: “Se ti avessi incontrato 25 anni fa, oggi non avremmo una Lega salottiera, perché la Lega non doveva scendere sotto il Lazio, né io volevo portare la Lega al Sud. Volevo che il Sud si organizzasse in autonomia per attaccare il comune nemico, il centralismo romano”. Sì, oggi sono l’unico che può dire “Roma ladrona”. I leghisti non lo possono dire perché significherebbe dire “Salvini ladrone”. Ecco come stanno le cose».

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