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Più opportunità o maggiore precariato? Cosa prevede la riforma Bernini sui ricercatori e perché sta facendo discutere

08 Agosto 2024 - 14:43 Ygnazia Cigna
anna maria bernini ddl riforma contratti ricerca
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Il nuovo ddl, approvato ieri in Cdm, doveva «superare l'attuale inferno del precariato» dei ricercatori ma rischia di moltiplicare le figure temporanee all'interno dell'Università

Il nuovo disegno di legge sui contratti di ricerca, definito dalla ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, come una «cassetta degli attrezzi a disposizione delle università», è stato approvato dal Consiglio dei Ministri ieri 8 agosto, promettendo di «superare l’attuale inferno del precariato». Tuttavia, la riforma ha immediatamente sollevato un coro di critiche e preoccupazioni da parte dei sindacati e del mondo accademico, che vedono in essa un potenziale «ritorno al precariato» piuttosto che una sua soluzione. Per questo, hanno annunciato mobilitazioni contro l’approvazione in Parlamento. La riforma in questione introduce strumenti contrattuali differenziati, nuove figure di ricerca e attività per studenti.

Cosa cambia con la riforma

Le borse di assistenza junior e senior

Il disegno di legge, ha spiegato la ministra, risponde alla necessità di colmare una lacuna storica nel sistema contrattualistico e borsistico della ricerca in Italia, soprattutto in vista dell’abolizione, a partire dal 31 dicembre 2024, degli assegni di ricerca che per lungo tempo hanno rappresentato una delle forme più diffuse e precarie di impiego accademico. Sotto il profilo concreto, il ddl interviene introducendo due nuove tipologie di «borse di assistenza alla ricerca»: una «junior», rivolta ai laureati magistrali o a ciclo unico, e una «senior» destinata ai dottori di ricerca. Si tratta di borse che hanno una durata variabile tra uno e tre anni e il trattamento economico sarà definito con un decreto del Ministero. È, inoltre, una posizione incompatibile con qualsiasi altro rapporto di lavoro subordinato a soggetti pubblici o privati, con assegni di ricerca anche in altre università, istituzioni o enti pubblici di ricerca, e con le borse di dottorato.

Il contratto postdoc

Un altro cambiamento significativo è la creazione del contratto postdoc, riservato ai dottori di ricerca. Questo contratto permetterà ai postdoc di svolgere attività di ricerca, nonché di collaborare alle attività didattiche e alla cosiddetta Terza missione delle università, con – ha precisato la ministra – «un trattamento economico equiparabile a quello dei ricercatori confermati a tempo definito». La durata del contratto sarà compresa tra uno e tre anni. Osservando la tabella comparativa fornita dal governo, per i contratti postdoc è previsto che l’importo minimo sarà stabilito dalla ministra, ma non sarà inferiore al
trattamento iniziale che spetta al ricercatore, confermato a tempo definito; come avviene per i contratti vigenti, il cui trattamento economico è però definito in sede di contrattazione collettiva.

Il professore aggiunto

Una delle novità più discusse è l’introduzione del «professore aggiunto», una figura esterna che, con contratti di durata variabile tra tre mesi e tre anni, potrà svolgere attività di didattica, ricerca e terza missione. Questa figura sarà selezionata tramite chiamata diretta dal Consiglio di amministrazione, senza una valutazione formale da parte dei Dipartimenti o di commissioni accademiche. Il Senato Accademico sarà solo consultato, ma il suo parere non sarà vincolante. Aspetto che nel settore sta sollevando preoccupazioni per l’assenza di criteri di valutazione accademica.

Le attività per gli studenti

Tra le novità introdotte dal disegno di legge, vi è anche la possibilità per gli studenti universitari, sia dei corsi di laurea triennale che magistrale, di svolgere attività di assistenza alla ricerca con un massimo di 200 ore all’anno, per le quali potranno ricevere un compenso massimo di 3.500 euro annui, che si può aggiungere alle altre collaborazioni ai servizi universitari.

Dubbi e preoccupazioni

Nonostante le rassicurazioni della ministra Bernini, critiche significative sono state mosse da diversi esponenti politici e sindacali. Antonio Caso, capogruppo del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura alla Camera, ha denunciato la nuova normativa come un passo indietro rispetto ai contratti di ricerca introdotti nel 2022, che miravano a garantire tutele e diritti più robusti per i giovani ricercatori. Dal ministero precisano che i contratti del 2022 rimarranno in vigore, con negoziazioni in corso tra l’Aran e i sindacati. Ma a spaventare l’opposizione e i sindacati non è tanto la permanenza dei vecchi contratti, quanto l’aggiunta di nuovi che hanno breve durata. I pentastellati sostengono che le nuove forme contrattuali frammenteranno ulteriormente le carriere accademiche, senza un adeguato incremento delle risorse disponibili per sostenere tali contratti. Dalla Cgil arrivano critiche simili, con la denuncia che la riforma moltiplicherà le figure precarie all’interno delle università italiane, prolungando i tempi di accesso ai ruoli stabili. Viene inoltre segnalata la mancanza di riconoscimento di un vero rapporto di lavoro per le borse di assistenza alla ricerca, e la figura del “professore aggiunto” viene criticata per la sua vaga definizione di compiti e retribuzione e per le modalità di reclutamento. «Per la prima volta, nelle aule universitarie potranno entrare docenti senza aver superato alcuna valutazione accademica formale, lasciando la decisione interamente al Consiglio di amministrazione», lamentano i sindacati.

La replica della ministra e i prossimi passi

La normativa coinvolge non solo le università, ma anche enti pubblici di ricerca come Infn e Cnr, dove i lavoratori precari già affrontano condizioni di lavoro difficili, caratterizzate da mancanza di stabilità. La preoccupazione principale è che le nuove disposizioni portino a un ulteriore deterioramento delle condizioni lavorative, con salari bassi e una significativa assenza di protezioni sociali. In risposta a queste preoccupazioni, il sindacato USB Pi Ricerca ha annunciato una mobilitazione per contrastare quella che viene vista come una «nuova ondata di precarizzazione». Un incontro dell’Esecutivo del sindacato è previsto per il 28 agosto, durante il quale saranno decise le iniziative contro il provvedimento del ministro Bernini. In risposta, la ministra ha dichiarato che a partire da settembre verrà avviato un confronto con le parti sociali per discutere ulteriormente l’attuazione del provvedimento. E fa sapere che verrà istitito un osservatorio per monitorare l’impatto delle nuove norme nei prossimi tre anni.

La tabella di comparazione dei contratti

Contratti di ricerca vigenti, contratti postdoc, borse di assistenza all’attività di ricerca, collaborazioni degli studenti e professore aggiunto: ecco la tabella comparativa con le differenze introdotto dal Ddl.

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