Era uscita più tardi del solito la sera in cui è stata uccisa Sharon Verzeni, tra il 29 e il 30 luglio. Non sempre lo faceva da sola, come racconta il suo compagno Sergio Ruocco, che al Corriere della Sera ammette con voce fioca di non avere nessuna idea su chi e perché sia arrivato a uccidere la sua fidanzata: «Parleremo quando sapremo qualcosa». L’idraulico di 37 anni è descritto dal suo titolare e dai vicini di casa come un lavoratore serio e affidabile. Al momento le indagini coordinate dal pm Emanuele Marchisio non escludono nessuna ipotesi. Ma su Ruocco finora non sarebbe mai emerso alcun sospetto, né dettagli che potessero minimamente far pensare a un suo coinvolgimento nel delitto.
La relazione di 16 anni
La coppia si frequentava ormai da 16 anni. Da tre vivevano nella casa che avevano acquistato a Terno d’Isola, nel Bergamasco. Una posizione strategica perché a metà strada tra le rispettive famiglie. Insieme avevano appena concluso il corso per fidanzati in parrocchia. Ma sulla data del matrimonio dovevano ancora decidere.
La cena prima del delitto
Il giorno prima che Sharon Verzeni venisse uccisa aveva lavorato come al solito alla pasticceria in cui fa la barista fino alle 15. Aveva fatto qualche spesa e poi aspettato il compagno a fine giornata. Quella sera, quando ormai erano le 22, Ruocco ha raccontato di essere andato a dormire, stanco dopo una giornata di lavoro. Da quel momento il suo racconto dei fatti si ferma.
Il rimorso del fidanzato
Il fidanzato di Verzeni ribadisce che tutto quello che è successo quella sera lo ha scoperto solo alle 4 del mattino, quando i carabinieri lo avrebbero svegliato a casa: «Non mi sono reso conto di niente». Che la barista avesse l’abitudine di uscire per lunghe passeggiate serali era noto ai parenti, come aveva confermato anche il padre della donna. La 33enne approfittava delle ore meno calde della giornata per fare due passi, su consiglio del dietologo. Ma quella sera qualcosa era stato diverso: «Capitava che Sharon andasse a camminare la sera per il caldo, da sola oppure qualche volta con me. Ma se avessi saputo che sarebbe uscita a quell’ora, non l’avrei lasciata».
La passeggiata
Sharon Verzeni la sera prima di morire era uscita a mezzanotte. Con le cuffiette alle orecchie e le scarpe da ginnastica, ha camminato lungo il solito tragitto per quasi un’ora, fino ad arrivare a via Castegnate, alla periferia del paese, dove è avvenuto l’agguato. La 33enne sarebbe stata aggredita all’improvviso, senza neanche avere il tempo di urlare. Nonostante le tante finestre aperte, nessuno avrebbe sentito le urla iniziali di paura.
La testimone e la sgommata
Verzeni è stata colpita con quattro coltellate. C’è una testimone che a quel punto l’ha sentita chiedere aiuto. Un altro inquilino dello stesso condominio ha confermato un dettaglio ieri, dopo che già un’altra persona che vive nelle vicinanze ne aveva parlato. Entrambi hanno sentito il rumore di una forte sgommata: «Poi ho tirato su la tapparella e ho visto la ragazza a terra».
Il blitz nell’appartamento
Soccorsa già in condizioni gravissime, Sharon Verzeni è morta al Giovanni XXIII di Bergamo. I carabinieri hanno fatto irruzione nella casa della donna e del compagno. Lo hanno subito esaminato e fotografato, alla ricerca di possibili ferite sul suo corpo o lividi sospetti. Lo hanno interrogato e perquisito, alla ricerca di litigi o qualsiasi altro motivo che avesse potuto spingere l’uomo a uccidere la sua compagna. Ma gli inquirenti non hanno trovato nulla.
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