Venezuela, il leader dell’opposizione González Urrutia lascia il Paese: la Spagna gli concede asilo politico
Edmundo González Urrutia, candidato dell’opposizione in Venezuela e sfidante dell’autoproclamato presidente Nicolas Maduro per il terzo mandato consecutivo, è uscito dal paese in direzione Spagna. È questo l’ultimo passo nel clima di tensione e repressione che dal 29 luglio, il giorno successivo alle elezioni presidenziali, ha prodotto 27 morti tra i manifestanti. Sei avversari politici di Maduro sono ancora asserragliati dentro il consolato argentino, nella speranza che gli sia concesso dal governo un corridoio di fuga.
La concessione di Maduro
Al popolo venezuelano, o per lo meno a chi gli vuole credere, Nicolas Maduro ha presentato la decisione come un gesto di enorme magnanimità. «È stato concesso a Edmundo González Urrutia il salvacondotto per la Spagna per il bene del Paese»: ad annunciarlo è il procuratore generale Tarek William Saab, fedelissimo del presidente. Svolta che sembra poter segnare l’inizio della fine di un braccio di ferro tra due forze impari. «Grazie a tutti per le parole di sostegno», ha detto l’ex diplomatico 75enne in un audio registrato e pubblicato sui social. «Stamattina sono partito in direzione di Madrid. La mia partenza è stata circondata da episodi di violenza, coercizione e minacce che non mi permettevano di muovermi». Josep Borrell, alto rappresentante Ue per gli affari esteri, ha commentato: «Oggi è un giorno triste per la democrazia». Come riporta il quotidiano argentino Clarin, secondo un diplomatico brasiliano rimasto anonimo questa sarebbe una netta «vittoria politica del regime», che avrebbe «convinto González a lasciare il Paese, riuscendo a coinvolgere pure il governo spagnolo».
Repressione politica
Il 28 luglio il Consiglio elettorale nazionale proclama Maduro vincitore con il 52%, senza pubblicare prove dei risultati. Un dato completamente in controtendenza con i sondaggi, che invece davano González avanti con un vantaggio rassicurante. L’opposizione alza subito la voce: copie dell’«83,5% dei documenti elettorali», diffuse su internet, dimostrerebbero il successo del 75enne con un vantaggio di 30 punti percentuali. Manifestazioni contro il successore di Hugo Chavez iniziano a riempire le strade del Venezuela. A queste Nicolas Maduro risponde con il pugno duro: una repressione continua e sistematica del dissenso che finora ha prodotto almeno 27 morti, 192 feriti e ha portato all’arresti di 2.500 persone. Un accanimento che si fa ancora più deciso contro gli avversari politici. Il 3 settembre, per ordine dello stesso presidente in carica dal 2013, il Tribunale nazionale per i crimini legati al terrorismo ha spiccato un mandato d’arresto contro González. «Usurpazione di funzioni, falsificazione di documenti pubblici, istigazione a disobbedire alle leggi dello Stato, cospirazione, sabotaggio per danneggiare i sistemi e associazione terroristica», questi i capi d’accusa che hanno costretto l’ex ambasciatore alla semi-clandestinità nelle ambasciate olandesi e poi, dal 5 settembre, in quella spagnola. Immediato lo sdegno degli Stati vicini (Brasile e Argentina) e della Spagna, che si è offerta in prima persona di dare asilo politico al leader dell’opposizione.
«La lotta continua»
Il «codardo che non riconosce la legge», così lo ha definito Maduro, è stato trasferito a Madrid insieme alla moglie con un aereo militare spagnolo. E più che una vittoria della comunità internazionale, che si era mobilitata per porre fine alle violenze politiche, sembra la definitiva sconfitta dell’opposizione. Maria Corina Machado, 56enne che aveva stravinto le primarie dell’opposizione salvo poi vedersi esclusa dalla corsa dal Tribunale, aveva promesso battaglia al chavismo. Tolta di torno dal regime, la scelta non era caduta a caso su González: la sua moderazione e la sua esperienza in campo politico avevano dato l’illusione di una possibile transizione pacifica (e volontaria) verso il post-Maduro. Ovviamente non è stato così. Il leader ormai è in Spagna, sei altri politici sono barricati nel consolato dell’Argentina, che nel frattempo ha chiesto alla Corte penale internazionale di emettere un mandato d’arresto internazionale contro Maduro. L’edificio sarebbe assediato dalle forze speciali secondo una denuncia della stessa Machado, che sarebbe costretta a spostarsi ogni notte per sfuggire ai paramilitari chavisti. Nonostante tutto, rimane sicura dell’impegno di González: «Edmundo continuerà a battersi dall’estero assieme alla diaspora… Io continuerò a farlo da qui». E lo stesso 75enne dall’aeroplano lo conferma: «Nel futuro lotteremo per la libertà e il ripristino della democrazia in Venezuela».
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