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Usa 2024, Trump è il nuovo presidente: cosa farà e cosa significa per l’Unione Europea?

06 Novembre 2024 - 13:31 Alba Romano
Dall'imposizione di dazi alle relazioni con la Russia di Putin: ecco quali potrebbero essere le prime mosse del nuovo inquilino della Casa Bianca

Donald Trump è stato eletto 47esimo presidente degli Stati Uniti. O meglio, lo sarà quando i grandi elettori scelti nella tornata del 5 novembre si riuniranno verso metà dicembre. I Repubblicani ne hanno conquistati di più dei Democratici – la soglia della maggioranza è fissata a 270 – e dunque la votazione formale per portare il tycoon e il suo vice James David Vance alla Casa Bianca avverrà durante il processo noto come Collegio Elettorale. Dopodiché, il nuovo Congresso degli Stati Uniti verificherà i voti del Collegio il 6 gennaio 2025 e solo allora Trump sarà investito ufficialmente della carica. L’inaugurazione presidenziale, ovvero il momento in cui il neopresidente giura sulla Costituzione, è prevista il 20 gennaio 2025.

Economia

Bisogna attendere almeno febbraio 2025 per vedere una piena operatività di Trump. Ma da questo lato dell’Atlantico, i leader europei si rapportano a lui come se avesse già in mano i dossier dello Studio Ovale. D’altronde, le intenzioni politiche del tycoon nono sono cambiate molto dal suo primo mandato iniziato nel 2016. In campagna elettorale, poi, a sparso promesse e intenzioni che riguardano direttamente il Vecchio continente. A cominciare dagli scambi commerciali. Secondo alcune previsioni, i dazi sulle importazioni che Trump vorrebbe introdurre potrebbero far perdere all’Europa l’1,5% del suo Pil entro il 2028. Oggi, le relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea valgono circa mille miliardi di euro annui in beni e servizi, con una bilancia commerciale favorevole all’Ue. La Germania sarebbe il Paese più esposto all’istituzione di un’imposta generalizzata del 10% o 20%, ipotesi ventilata da Trump.

Guerra

Ci sono tematiche che coinvolgeranno l’Europa indirettamente, come il freno al contrasto del cambiamento climatico, che in realtà è un problema globale, e quella che Trump ha definito «la più grande deportazione di immigrati della nostra storia», che solleticherà le più retrive idee sovraniste anche nel Vecchio continente. Quindi, oltre alle promesse di nuove trivellazioni su suolo americano e il muro da terminare lungo il confine col Messico, l’Europa dipenderà in modo più immediato dal Repubblicano per l’esito dei conflitti ai suoi confini. Senza l’aiuto americano, l’Ucraina probabilmente non avrebbe resistito all’invasione russa.

Negoziato (o resa)?

Trump in campagna elettorale ha promesso che la sua elezione avrebbe portato a una rapida fine della guerra tra Kiev e Mosca. Il timore da lato ucraino, però, è che il tycoon confonda una soluzione diplomatica con la cessione a Vladimir Putin di alcuni territori appartenenti all’Ucraina prebellica. Una direzione negoziale verso la quale Trump potrebbe spingere Volodymyr Zelensky e che quest’ultimo si vedrebbe costretto ad accettare, se gli venisse a mancare il supporto militare statunitense. Per quanto riguarda la questione mediorientale, Trump, che riconobbe la capitale di Israele a Gerusalemme e lanciò gli Accordi di Abramo potrebbe però, pur garantendo il proprio sostegno, chiedere a Benjamin Netanyahu di fermare gli attacchi a Gaza e in Libano, magari con l’impegno a riprendere gli Accordi di Abramo ed estendendoli all’Arabia Saudita.

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