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La denuncia di Geo Barents: «Spari e botte ai migranti, poi la Guardia Costiera ha riportato donne e bambini in Libia»

29 Novembre 2024 - 14:57 Alessandra Mancini
L'attacco nel Mediterraneo centrale. La nave umanitaria accerchiata anche da una motovedetta venduta dall'Italia

È Crotone il porto assegnato dalle autorità italiane alla Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso in mare di Medici senza frontiere. L’arrivo è previsto per domani, venerdì 30 novembre, ma «le condizioni meteo sono peggiorate», dice a Open Fulvia Conte, responsabile dei soccorsi dell’imbarcazione umanitaria che ieri è stata testimone di una nuova tragedia nel Mediterraneo. Durante l’operazione di salvataggio della nave umanitaria, due motovedette con uomini armati a bordo – che hanno riferito di appartenere alla Guardia costiera libica – hanno minacciato con le armi e riportato in Libia 29 persone migranti, separando intere famiglie. Mentre una settantina di uomini e bambini, finiti in mare dopo gli spari della milizia libica, sono stati tratti in salvo dagli operatori di Msf. «Ieri (giovedì 28 novembre, ndr) si è verificato un evento tragico – spiega Mara Eliana Tunno, psicologa di bordo -. Molte persone che si trovavano su un gommone sovraffollato e sgonfio sono state minacciate da persone armate che hanno anche sparato: 70 uomini e ragazzi sono finiti in mare, separati da mogli e figli e portati via». Nelle ore successive la Geo Barents è stata inoltre accerchiata «da altre 9 imbarcazioni veloci – sottolinea Conte -, una di questa era la motovedetta Classe 300, consegnata dall’Italia a febbraio del 2023. A bordo aveva circa 30 persone migranti – continua -. Ci siamo offerti di portarle in salvo, ma hanno rifiutato il soccorso e sono andati via».

«Le persone migranti sull’imbarcazione sono sotto shock»

Nonostante la negoziazione coi libici nel Mediterraneo e la richiesta di chiarimenti alla Guardia costiera, finanziata dall’Ue e dell’Italia per fermare le partenze delle persone migranti, 25 donne e 4 minori sono stati riportati sulle coste libiche. Chi è stato salvato e portato sull’imbarcazione militare «è disperato e sotto shock – spiega Conte -. Ci chiedono di essere ricongiunti con le loro famiglie e ci raccontano di aver subito violenze, torture e abusi in Libia. Un uomo voleva buttarsi a mare per recuperare sua moglie e i figli di 4 mesi e 10 anni». Quello di ieri è l’ennesimo attacco della guardia libica a una nave di soccorso. «Non è la priva volta che violano il diritto internazionale ma non succede nulla, l’Italia e l’Ue continuano a finanziarli per riportare le persone indietro», conclude la responsabile dei soccorsi.

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