C’e un infiltrato al Pre-Conclave: il racconto dell’inviato spagnolo che si è infilato tra i cardinali


Mentre il mondo interno faceva pronostici e scommesse dall’esterno, c’è chi è riuscito ad andare al di là delle mura leonine. Là dove i cardinali scendono i gradini dell’Aula del Sinodo, formando piccoli gruppi e alleanze circostanziali, a questo punto evidenti. Dove non arrivano né microfoni, né riflettori e, proprio per questo, dove la partita del Conclave inizia ben prima del suo avvio ufficiale. Il sito spagnolo InfoVaticana, si è infilato tra i cardinali per sondare alleanze e allusioni. Quello che segue è ciò che il giornalista che si nasconde dietro lo pseudonimo di Jaime Gurpegui ha raccontato.
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Il racconto del pre-Conclave
Mentre si analizzano i discorsi e le dichiarazioni dei giornali, il Conclave da dove nessuno lo vede è fatto di gesti, di saluti, di strette di mano, di sguardi e di confidenze. Il tedesco Müller, conservatore contro le lobby ideologiche e di potere, compresa quella gay, è stato visto conversare a lungo con il maltese Grech, uno dei più stretti e fidati collaboratori di Papa Francesco, con cui condivideva una visione della Chiesa più inclusiva. Il cardinale Ambongo, porporato del Congo voluto da Bergoglio nel Consiglio per riformare la curia, passava da un gruppo all’altro. Il cardinale filippino Tagle, rinominato il «Bergoglio asiatico» per la sua indole moderata soprattutto su temi di inclusione e giustizia sociale, è uscito sorridente, quasi esultante. Tolentino, invece, possibile outsider nel Conclave tra i più progressisti della Chiesa Cattolica, con una marcata affinità con Papa Francesco, non è stato visto uscire. E come lui, nemmeno l’italiano progressista moderato Parolin. Prevost, il bergogliano aperto e progressista che unisce le Americhe, dopo giorni di abbattimento, sembrava aver recuperato un po’ di compostezza. E, curiosamente, c’era anche il cardinale Becciu, in mezzo alle conversazioni, come se non fosse stato escluso dai votanti del Conclave, dopo la condanna del tribunale del Vaticano per truffa e peculato. Radcliffe, poi, il domenicano inglese, è parso sorridente e tranquillo. In generale, i progressisti sembravano contenti e sereni. Fatto non trascurabile.

Jaime Gurpegui racconta che il cardinale svedese Arborelius, ritenuto un conservatore nella dottrina ma più che avvezzo a districarsi tra le insidie della modernità, chiacchierava con il cardinale croato Bozanic, attivo nel campo della giustizia sociale; lo statunitense Burke, che si è spesso addossato le critiche dei progressisti e ha avuto rapporti tesi con Bergoglio, e l’italiano Antonelli facevano gruppo con Rivera Carrera, messicano tra i prediletti da Papa Wojtyla e che, invece, Papa Francesco ha spesso contestato; Cobo, spagnolo attento alle sfide sociali, e Omella, spagnolo dal profilo che molti leggono nel solco del papato di Francesco, conversavano animatamente con l’italiano Baggio, un esperto riconosciuto nei temi della migrazione e della solidarietà internazionale; Eijk, l’olandese pro-life, molto contento, irradiava soddisfazione; il canadese Czerny, cui «fanno rabbrividire» i cardinali africani, sembrava tentare di raccogliere proprio i loro consensi; il cardinale Filoni, collaboratore stretto degli ultimi tre pontefici, stava con Turkson, il volto africano della Chiesa globale; e Piazzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme e primo cardinale residente nello Stato di Israele, che da solo è andato direttamente alla sua auto, con la sua valigetta, senza fermarsi. È bastato osservare chi saluta chi, chi evita chi, chi abbassa la testa e chi non smette di guardare, per capire che la vera partita è in queste situazioni che si gioca realmente. Fuori dalla Cappella Sistina, più che tra le sue mura.