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Fine vita, il Governo impugna la legge della Regione Toscana. Giani: «Profonda delusione»

09 Maggio 2025 - 18:13 Alba Romano
Suicidio assistito
Suicidio assistito
Schlein: «Una scelta ipocrita, cinica e codarda». La Toscana aveva approvato a febbraio la proposta di legge di iniziativa popolare

Il governo Meloni ha deciso oggi, venerdì 9 maggio, in Consiglio dei ministri, di impugnare la legge sul fine vita approvata a febbraio dalla Regione Toscana. La decisione è arrivata nel corso della riunione a Palazzo Chigi, confermando l’intenzione dell’esecutivo di opporsi a una normativa che – pur fondata su una sentenza della Corte costituzionale – continua a spaccare il Paese in tema di diritti, etica e competenze legislative.

Di cosa parla la legge sul fine vita

La legge della Regione Toscana, la prima in Italia a disciplinare la materia, era nata da una proposta di iniziativa popolare, “Liberi Subito”, sostenuta dall’Associazione Coscioni, che con 10 mila firme era stata approvata a larga maggioranza dal Consiglio regionale. Cavalcando la prima apertura della Corte Costituzionale che con la sentenza n. 242/2019 aveva dichiarato illegittimo il divieto in vigore, e aveva invitato il Parlamento a regolare la materia, dettando i requisiti per l’accesso al suicidio assistito, il provvedimento regionale regolava i requisiti, la procedura, i tempi e le modalità per accedere al trattamento.

L’obiettivo era quello di garantire il diritto ad accedere al fine vita, come previsto, appunto, dalla Consulta nella storica decisione sul caso Cappato/Dj Fabo. Il rispetto dei requisiti stabiliti dalla Corte – vale a dire «malattia irreversibile, sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e capacità di decidere liberamente» – doveva essere stabilito da una Commissione multidisciplinare permanente in ogni Asl, incaricata di valutare le condizioni cliniche del paziente e di accompagnare il percorso sanitario che porta all’autosomministrazione del farmaco, garantendo una morte dignitosa. Il tutto a carico del servizio sanitario regionale, con fondi dedicati.

La risposta del presidente della Regione Toscana Giani

Alla base della legge regionale c’è l’assenza, ancora oggi, di una legge nazionale sul fine vita, che negli anni ha scatenato le polemiche della politica. Sulla decisione del Consiglio dei ministri non si è fatto attendere il commento del governatore toscano Eugenio Giani, che ha espresso profonda delusione: «È paradossale che, invece di lavorare su una legge nazionale attesa da anni, il Governo scelga di ostacolare chi si è impegnato per attuare quanto stabilito dalla Corte costituzionale che ha indicato la necessità di colmare un vuoto legislativo in materia di suicidio medicalmente assistito. Difenderemo con determinazione la nostra legge, certi di aver agito nel rispetto della legalità, della Costituzione e, soprattutto, delle persone».

Schlein: «Una scelta ipocrita, cinica e codarda»

La segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, ha definito l’impugnazione della legge da parte dell’esecutivo «una scelta ipocrita, cinica e codarda». «Qui non si tratta di fare propaganda ma di dimostrare la serietà e la responsabilità di non voltare le spalle a chi sta soffrendo, regolando in maniera dignitosa il fine vita – ha continuato la leader dem -. Si tratta di dare seguito a una pronuncia della Corte Costituzionale su cui il Parlamento è in grave ritardo. Ormai non stupisce più nemmeno il silenzio di Forza Italia, che abbassa la testa a Meloni e Salvini ogni volta, specie quando si tratta di negare diritti. Altro che liberali, come quando si dicono favorevoli a cambiare la legge sulla cittadinanza ma poi invitano a disertare il referendum dell’8-9 giugno che fa esattamente questo», ha concluso.

Il commento dell’Associazione Coscioni

Anche l’Associazione Coscioni è intervenuta sulla decisione del Cdm: «Il Governo prosegue nel disperato tentativo di impedire qualsiasi normativa, nazionale o regionale, che dia garanzie e diritti sulle scelte di fine vita. Per fare questo, il Governo dell’autonomia differenziata fa ricorso per impedire l’esercizio dell’autonomia esistente». Si legge nella nota di Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’associazione Luca Coscioni. «Ricordiamo però – aggiungono – che il diritto all’aiuto al suicidio è stato affermato dalle sentenze 242 del 2019 e 135 del 2024, che hanno valore di legge. La nostra legge regionale serve solo a garantire modalità e tempi certi alle persone che chiedono la verifica al Servizio sanitario nazionale dei requisiti stabiliti dalla Corte e per evitare attese di mesi o anni, come quelle imposte a Federico Carboni, Laura Santi, Martina Oppelli, Fabio Ridolfi, ‘Gloria’. Intanto, di fronte all’inerzia del Parlamento, è atteso un nuovo intervento della Corte costituzionale, il quinto in sette anni, sul tema del fine vita, sui casi di Elena e Romano, accompagnati in Svizzera con un’azione di disobbedienza civile per poter ricorrere al suicidio assistito».

Foto copertina: immagine d’archivio

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