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Vittoria Schisano, attrice transgender: «Vorrei ruoli da donna per competere con le colleghe»

vittoria schisano transgender
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Il compagno e il figlio con cui non va d'accordo. I ruoli da gay, l'operazione «incosciente» e la sessualità

Vittoria Schisano, 47 anni, nel 2014 si è sottoposta a un intervento di cambio di sesso a Barcellona. Prima, aveva studiato recitazione a Roma. Ha recitato in La vita che volevi su Netflix, vincitrice del Nastro d’Argento. Ha un compagno: l’imprenditore Donato Scardi. «Lui ha un figlio di 19 anni con cui non vado d’accordo perché non gli hanno detto che se i genitori non vanno d’accordo si lasciano e si innamorano di altre persone», dice oggi in un’intervista al Corriere della Sera l’attrice transgender. Nel colloquio con Valerio Cappelli parla del suo coming out in famiglia: «Inizialmente non mi ha capito, mi fece una guerra enorme. Non volli ascoltarla e vederla, per un anno sparii da casa. Avevo vissuto a metà per troppo tempo, poi mi chiese perdono».

La madre e il padre

Non è stato facile: «Ci misi molto tempo, da adulta. So che essere genitori non è facile, se mi ripenso bambina c’è una parte di me che non riesce ancora a perdonarla. Quando mi sono riappropriata di me stessa, ho scoperto l’uomo meraviglioso che era mio padre. Ho avuto il privilegio di stargli accanto negli ultimi anni della sua vita che coincidevano con i primi due della mia nuova vita». Il padre, vedendola dopo il completamento della transizione, pens che fosse la sorella: «Rosaria, esclamò. No papà, sono Vittoria. Disse: quanto sei bella. Il regalo più emozionante che potessi ricevere, sentirsi amata dal proprio papà». A scuola all’epoca era discriminata: «Quando alle medie mi dicevano una battutaccia, le classiche, “frocio, femminuccia”, io mi ribellavo e l’insegnante di italiano zittiva me perché non sapeva gestire l’argomento».

Vittoria Schisano attrice

Schisano è attrice. Oggi vive a Lecce con il suo compagno: «Appena concluderà un divorzio non facile ci sposeremo. Prima, a Roma, per mantenermi ho fatto la gelataia, la cameriera, la commessa che per me era divertente, mi piaceva vendere, ero brava a fare le vetrine». Ricorda che quando si chiamava Giuseppe interpretava ruoli maschili. Ora solo transgender: «Giovanni Veronesi mi ha detto che sono sottovalutata e dovrei competere con le colleghe. Spero che il suo augurio si realizzi. Finora si pensa a me solo come transgender (per quanto nella serie sono vincente), e non come suora, poliziotta o coatta tossica. Oggi non abbiamo bisogno di ruoli macchiettistici, basta e avanza il circo in tv. Io sono alta 1 metro e 80, perché ci si deve focalizzare su quel pezzetto lì».

L’operazione

L’operazione per il cambio di sesso, spiega, «l’ho fatta in modo incosciente e ingenuo, pensando che mettesse equilibrio nella mia vita. Se potessi tornare indietro inizierei, prima della rettificazione degli organi, le cure ormonali. Mi faceva schifo il pene, non volevo guardarmi allo specchio, era la mia grande bugia; portavo la barba per paura della verità, nella mia vecchia vita non volevo essere relegata a ruoli da ragazzo gay. Sul set di Canepazzo ho detto basta, non sono quella roba lì. È come lo tsunami: quando arriva, o affoghi oppure nuoti con tutte le forze e ti metti in salvo».

La sessualità

La vita sessuale va bene: «La medicina ti consente di avere una sessualità appagante. La sessualità di una donna è meno potente nell’impatto ma più potente nel tempo». Con il suo compagno «abbiamo fatto l’amore dopo due mesi che stavamo insieme, ed erano passati due anni dall’intervento. Essere vergini a 30 anni è diverso che a 15, è una roba molto importante». Eppure in qualcosa è rimasto uomo: «Mi sento più uomo di tanti ometti, io sono una donna con gli attributi, molti di più di quando ero Giuseppe. Ma rivendico il mio essere femmina. La parità non va confusa con l’uguaglianza. Io adoro cucinare ma non mi sento obbligata a farlo. All’anagrafe sono Vittoria, l’unico documento che non può essere modificato è il battesimo».

Il sogno Sanremo

Ora sogna di «andare a Sanremo. Se hanno fatto scendere le scale a Malgioglio, con tutto il rispetto, non vedo perché non dovrei farlo io». Però vi andò Drusilla . «Non è una donna transgender. Finito il numero si toglie la parrucca, va al supermercato e torna a essere Gianluca. Drusilla e Malgioglio sono stati due fumetti di talento. La mia presenza avrebbe un significato diverso, sarebbe anche educativa rispetto alla tolleranza».

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