La procura di Milano chiede la revoca della semilibertà per Alberto Stasi: «Andò alle Iene senza permesso»


La procura generale di Milano ha presentato ricorso in Cassazione per chiedere la revoca del provvedimento con cui nelle scorse settimane il Tribunale di sorveglianza aveva concesso la semilibertà ad Alberto Stasi, l’allora fidanzato di Chiara Poggi che sta finendo di scontare 16 anni di carcere per l’omicidio della giovane. A quanto apprende l’Ansa, Il motivo dell’impugnazione sarebbe legato alla mancata richiesta di autorizzazione a rilasciare un’intervista al programma Le Iene durante un permesso per un ricongiungimento familiare. La vicenda, per il pg, avrebbe dovuto essere valutata diversamente dai giudici.
La difesa di Stasi: «Siamo tranquillissimi»
Una questione «già ampiamente chiarita» dice l’avvocata Giada Bocellari, uno dei legali di Alberto Stasi. Chiarita tanto dal carcere di Bollate, quanto dal Tribunale di Sorveglianza: «Quindi siamo tranquillissimi anche perché, se mai avesse violato qualche prescrizione, avrebbero dovuto revocargli il lavoro esterno e non negargli la semilibertà». La difesa di Stasi spiega che se, come ritiene la Procura generale, Stasi ha violato una prescrizione, non chiedendo l’autorizzazione per quell’intervista andata in onda il 30 marzo su Le Iene, i giudici avrebbero dovuto semmai revocargli il lavoro esterno, anche perché la semilibertà non era stata ancora concessa.
Alla base del ricorso, spiega l’avvocata Bocellari «vi è anche un problema di norme di riferimento nel ricorso presentato dalla Procura Generale, che evidentemente ha ritenuto di perseguire la linea già paventata in udienza l’aprile scorso». Il ricorso è stato presentato circa un mese fa, anche se la notizia è emersa solo oggi. I giudici di Milano avevano fatto presente che «non si sono rilevate infrazioni alle prescrizioni”. Stasi non aveva “alcun divieto espresso di avere rapporti con i giornalisti» durante il permesso premio. E a «prescindere da ogni diversa valutazione circa la possibilità (…) di intrattenere rapporti con la stampa, considerato il tenore pacato dell’intervista», per i giudici, «tale comportamento, se valutato nel contesto di un percorso carcerario connotato dal rigoroso e costante rispetto delle regole, anche nel corso dei benefici penitenziari concessi (grazie ai quali già usufruisce di considerevoli spazi di libertà)» non è «idoneo ad inficiare gli esiti» positivi dell’iter di Stasi.