Rita Rusic e il divorzio da Cecchi Gori: «Avevo 5 auto, le ha fatte portare via col carro attrezzi»


Rita Rusic, 64 anni, attrice, cantante e produttrice, è stata per vent’anni insieme a Vittorio Cecchi Gori. Poi lo ha lasciato. E lui non ha reagito bene: «Pensi che in garage avevo cinque macchine. Beh, la mattina dopo non c’erano più. Le aveva fatte portare via tutte col carro attrezzi. Sono passata dagli aerei privati, la servitù, i soldi a pioggia, a dover ripartire praticamente da zero». Nell’intervista che rilascia oggi a Hoara Borselli per il Giornale spiega: «Ero sola. Ho reagito. Ho fatto quello che avrei dovuto fare a 20 anni e che non avevo fatto. Sono andata in America, ho mandato la mia prima lavatrice, ho imparato a fare la casalinga. E la sera andavo a ballare come i ragazzini».
L’infanzia di Rita
Rusic dice che «con Cecchi Gori è stata una guerra. Ha cercato di annientarmi. Sono ancora qui. Sono un tipo piuttosto forte. Mi chiedi se sono mai triste? Sì, certo, alle volte sono triste, ma poi il giorno dopo c’è il sole». Lei è nata in Jugoslavia, è arrivata in Italia nel 1964 quando aveva quattro anni: «Siamo entrati come turisti e poi siamo andati a fare la fila al campo profughi di San Sabba, che è un ex campo di concentramento a Trieste. Li ti davano i documenti, dividevano i maschi dalle femmine e ti mandavano allo stanzone. Noi bambini andavamo con la mamma. Il papà da un’altra parte. Lo stanzone era pieno di letti, uno sopra all’altro, i materassi erano luridi, polvere, macchie di sangue». Da un’infanzia di povertà è uscita con Cecchi Gori. Ma adesso dice: «Io non volevo avere, volevo fare. I soldi servono solo ad essere liberi. A non dovere dire sempre di sì. Sono stata felice solo quando ho iniziato a lavorare. La mia soddisfazione era andare avanti».
Le scarpe
Dice che quando era piccola «per capire se una persona era ricca o povera gli guardavo le scarpe. Perché io, quando pioveva, dovevo indossare sempre le scarpe più brutte e vecchie per non sciupare le nuove. Invece i ricchi se ne fregavano di non sciuparle. Non sai che soddisfazione mi dà, oggi, andare nelle pozzanghere con le scarpe più belle!». Il marito è stato importante per «farmi iniziare. Questo lo so. Poi però, quando lavori, nessuno ti può aiutare. Se vali va bene, se non vali non si può fare niente. Ti parlo di uno dei primi film di successo che ho prodotto: Il ciclone, quello con Pieraccioni. Vittorio l’ha visto solo quando era montato. Mi aveva detto: “Ma che fai con quel bischero?”. Quando ha visto il film finito ha cambiato idea: “Questo fa un mucchio di soldi”».
La separazione
Poi racconta la separazione: «Vittorio era un uomo molto forte e molto arrabbiato con me. Disse a tutti: “Non dovete avere più niente a che fare con lei”. Un giorno dovevo vedere Leonardo (Pieraccioni, ndr). Avevamo appuntamento il pomeriggio. All’ora di pranzo torno a casa e trovo un suo messaggio nella segreteria del telefono. “Ti devo parlare”. Strano – mi dico – non mi chiama mai a casa. Richiamo e lui balbetta: “Sai, Vittorio è un po’ arrabbiato… Meglio che non ci vediamo”. Una legnata. Piansi tanto». Sono spariti tutti: «È successo con Antonio Albanese, col quale avevamo avuto successi incredibili, persino con Vincenzo Cerami, che pure era uno scrittore molto affermato, è successo con molti registi amici, anche con Virzì».
Michele Morrone
Infine, parla di Michele Morrone dopo l’intervista dell’attore a Belve: «Io dico: tu sei un bel ragazzo, sei diventato un attore, hai avuto fortuna, successo, non hai studiato ma hai sfondato lo stesso. Benissimo. Bravissimo. Ma questo non vuol dire che quelli che hanno studiato e frequentato il centro sperimentale e l’Accademia Silvio D’Amico siano dei brocchi. Polemiche inutili. Fanno male al cinema».